domenica 30 settembre 2012

Fagiolini serpenti o parenti serpenti?

Questo è il mese dei non-ce-la-faccio.
Ma poi mi dispiace troppo, e il modo lo trovo.
Ad esempio volevo tanto partecipare al contest della Patty. Una volta, nella mia vita precedente senza figli,andavo sempre al cinema. Adesso è diverso, e ci vado molto più raramente, ma la voglia sarebbe rimasta.

Quale film? La risposta è venuta da sè: ieri al mercato ho trovato gli ultimi fagiolini serpenti, un prodotto tipico dell'agricoltura toscana.



L'associazione con uno dei miei film preferiti, Parenti Serpenti di Monicelli, è stata immediata.

Parenti serpenti è una commedia che non definirei nè sofisticata, nè tantomeno leggera.

Possiamo inserire la categoria commedia perfida? In realtà la categoria esiste già, e questo film è proprio un esempio tipico di quella commedia all'italiana che, fra una risata e l'altra, ci racconta senza indulgenze e in modo spesso impietoso i tanti vizi nazionali (comunque, fra le due, direi commedia leggera, anche se qui di leggero non c'è niente).

Non sta certo a me spiegare chi sia Monicelli, dico solo che, al di là dei suoi film, che mi sono sempre piaciuti tantissimo, è proprio il personaggio che vale, una figura coerente, senza farla tanto lunga, che ha tenuto fede alle sue posizioni fino alla fine.

Film corale, uscito nel 1992,  racconta le vicende che si dipanano durante le vacanze di Natale, quando la famiglia protagonista si riunisce a casa dei genitori a Sulmona, in Abruzzo, per passare insieme le feste.



Dal nonno che sta rimbischerendo (un impareggiabile Paolo Panelli) allo zio omosessuale non dichiarato (Alessandro Haber), dal comunista se-l'unità-dice-che-gli-asini-volano-almeno-volicchiano (Eugenio Masciari) al democristiano d'antan (Tommaso Bianco), alla cognata emiliana in calore (Cinzia Leone),  alla pre-adolescente grassoccia che vuole fare la velina, ci sono tutti.

La vicenda arriva al climax quando la nonna comunica ai figli che lei e il marito stanno invecchiando e non è più pensabile che continuino a vivere da soli a Sulmona: vogliono quindi andare a vivere con qualcuno dei figli.

Questo fa precipitare i già complessi equilibri familiari, in un finale che mette una pietra tombale sull'idea di famiglia come luogo di affetti e solidarietà.

Quello che mi ha colpito del film, che ho rivisto di recente, è che pur essendo passati solo 20 anni quell'Italia semplicemente non esiste più.
Il che non significa che siano scomparsi gli italici vizi, anzi, il film coglie proprio il momento della mutazione genetica del nostro paese, nei suoi aspetti più deteriori, e preconizza quella berlusconizzazione (il film è del '92) che si dispiegherà negli anni successivi.
 



Insomma, se da una parte il film racconta di un'Italia che non esiste più, dall'altro ci lascia tutto l'amaro in bocca di un io-ve-l'avevo-detto da cui non abbiamo saputo imparare niente.

La ricetta con cui l'accompagno è semplice, la solita non-ricetta, tipica delle campagne toscane, analoga a una di quelle che potrebbe fare nonna Trieste se la vicenda del film fosse ambientata, invece che nella provincia abruzzese, in quella toscana.

Mi sembra un abbinamento adeguato, una ricetta di casa di quelle che quasi non si fanno più, così come non esiste più l'Italia del film.

E poi i fagiolini serpenti hanno pure un gusto deciso, quasi amaro, che si adatta perfettamente alla comicità del grande toscanaccio. 




Fagiolini serpenti in umido
Ingredienti
  • 1 mazzo di fagiolini serpenti 
  • 6 pomodori maturi da sugo
  • olio extra-vergine di oliva
  • 1 cipolla rossa
  • 1 spicchio d'aglio 
  • 1 pezzo di peperoncino 
  • sale q.b.
Preparazione
Semplicissima!
Mondare e lavare i faglioni serpenti togliendo la punta.
Farli scottare in abbondante acqua salata in ebollizione, scolandoli al dente e facendovi scorrere sopra dell'acqua fredda per fermare cottura e colore.

Nel frattempo preparare un po' di sugo di pomodoro: togliere la buccia ai pomodori, tuffandoli per un minuto in acqua bollente. Affettare sottile la cipolla, e farla appassire insieme allo spicchio d'aglio e al pezzetto di peperoncino in una padella con un po' d'olio. Quando la cipolla è appassita, mettere nella padella anche i pomodori tagliati a pezzi, ed un bel pizzico di sale. Far cuocere eventualmente allungando con un po' di acqua calda fino ad ottenere una salsa di pomodoro abbastanza morbida.

Rovesciare i fagiolini nella padella, e farli insaporire per qualche minuto. Servire caldi.

Con questa ricetta partecipo al contest La commedia è servita di Andante con gusto
 

giovedì 27 settembre 2012

Simil-Pasqualina fusion senza glutine per l'MTC


Quando ho visto qual era la sfida dell'MTC di settembre, ho pensato che non ce l'avrei mai fatta.
Era una ricetta meravigliosa, di quelle della tradizione, non l'avevo mai fatta, la descrizione della Vitto in ben due proposte super-allettante ma...  Il mese era terribilmente pieno di impegni, da studiare per un concorso, ad una nuova scuola per me, all'inizio delle medie per mia figlia, ad una serie di attività connesse al blog. Troppa carne al fuoco, e per di più la ricetta era sì bellissima, ma davvero non te la mandava a dire, quanto a complessità.
La pasta al vino, poi... Una delle bestie nere di noi celiaci. Con le farine gluten free che proprio non ne vogliono sapere di fare il loro mestiere...
...Come si può vedere benissimo dalla foto sopra. ;-)
... E dalle foto dalle altre blogger Sglutinate che hanno intrepidamente partecipato alla sfida. Le voglio nominare perché i loro capolavori meritano: Elena alias La Celiaca Pasticciona, Ema-Arricciaspiccia, Stefania di Cardamomo &Co., Simonetta di Glu-fri.

Per il mix di farine da utilizzare mi sono rivolta alle guru, tant pour changer, e ho scelto il mix di Felix per impasti friabili.

Insomma, alla fine ci ho provato. Ma proprio alla fine fine, due giorni prima della scadenza. E sono stata felice di farlo. Perché la pasta è venuta squisita, e ci farò altre cose, pie dolci e salate a gogò. Ma anche perché questo MTC è diventato un appuntamento così divertente, e stimolante, che saltare una sfida mi dispiacerebbe proprio.
Insomma, tanto per cambiare, a questo giro ci sono anch'io.

E, una volta deciso di fare, che fare? Io che sono quella delle ricette della tradizione, così come si presentano, a questo giro ho cambiato genere.
Perché? Per un semplice motivo: non avevo in casa gli ingredienti, e mi sono dovuta arrangiare con quello che avevo.

Tutti noi abbiamo sempre degli okra in casa, vero? ;-)


Beh, io ce li avevo, li avevo trovati a un nuovo scicchissimo super che c'è vicino alla mia scuola, non potevo lasciarli lì. Era tanto che li volevo provare. Ma non sapevo che farci. Ve l'avevo detto che cascavano a fagiolo!

E che ci metto insieme agli okra? Vado a vedere un librino di cucina indiana, e c'era una ricettina di okra speziati. Mi sembrava perfetta: okra, curcuma, yogurth... dove funzionare per forza, e avevo tutto in casa!

Ma... ALT!!! Non funzionava no, non avrebbe rispettato le specifiche dell'MTC! E come fare? Semplice, invece che metterci lo yogurth, ci ho messo del caprino. O meglio, ci ho messo SIA lo yogurth SIA il caprino. Andrà bene, vero, donne inflessibili della giuria?

Quando poi mi sono messa a prepararlo, mi sono resa conto di non avere la fantomatica cannuccia in casa. Potevo risparmiarmi il piacere di soffiare? No! E allora mi sono arrangiata con quello che avevo: è gonfiata lo stesso, una beltà. Non sarà standard, la siringa, ma vi assicuro che ha fatto il suo mestiere.

soffiatura della pasqualina con siringa
Insomma, questo mese partecipare all'MTC è stata un'esperienza al cardiopalma.
D'altronde, cosa vi aspettatate da un extreme challenge come questa?  

Bando alle ciance, e via con la ricetta.

Notazione sulle dosi: con le dosi indicate ho fatto una tortina biporzione con gli okra, quella che vi presento, più una torta salata di circa 20 cm di diametro con le melanzane, e con l'impasto che mi avanzava ci ho fatto una tortina dolce con le mele, ma quest'ultima non con i 5 strati di pasta di ordinanza.

Notazione sulla ricetta: l'idea del curry non è male, ma alla fine è venuta forse troppo cremosa, come si vede anche dalla foto. E poi... e poi a me piacciono le cose tradizionali, c'è poco da fare. Quindi la rifarò assolutamente nella versione standard, anche se purtroppo non farò in tempo per questo MTC.

Però spero che i giudici apprezzeranno il fatto di aver usato del garam-masala fatto con le mie dolci manine.

Torta salata agli okra speziati
Ingredienti

Per l'impasto
  • 75 g di preparato per pane Bi-Aglut
  • 25 g di farina senza glutine per pani e focacce Coop
  • 200 g di glutafin Select
  • 1 pizzico di sale
  • 30 g d'olio extra-vergine di oliva
  • 90 ml di vino bianco secco
  • 90 ml di acqua tiepida
Per il ripieno
  • 1 cipolla bianca
  • 300 g di okra
  • 2 cucchiai di olio extra-vergine di oliva
  • 2,5 cm di zenzero fresco grattugiato
  • 1 cucchiaino di curcuma
  • 1 cucchiaino di garam-masala home-made
  • 1 cucchiaio di farina di ceci
  • 100 g di yogurth bianco naturale
  • 100 g di caprino fresco
  • sale q.b.
 Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Preparazione
Preparare l'impasto come suggerito dalla Vitto, a cui cedo la parola:  impastare il mix di farine con il pizzico di sale, l'olio, il vino bianco secco e l'acqua calda. Deve risultare una pasta morbida, ma non appiccicosa. Dividere in 5 palline e farle riposare dentro un sacchetto di plastica almeno per un'oretta.


Nel frattempo preparare la farcia: affettare sottilmente una cipolla, e farla appassire in una padella con l'olio. Lavare gli okra e tagliarli a pezzettini, quindi farli rosolare per cinque minuti nella padella con la cipolla, con un pizzico di sale.
Aggiungere la curcuma, il garam-masala, lo zenzero grattugiato e la farina di ceci. Mescolare bene e soffriggere per un paio di minuti, quindi aggiungere un paio di cucchiai di acqua calda e far cuocere una decina di minuti.
A questo punto aggiungere anche lo yogurth e il caprino, mescolare bene e far cuocere finché gli okra sono cotti, ma al dente. Aggiustare di sale e lasciar raffreddare il composto.

Per la preparazione della torta, prendere una pallina alla volta, e stenderla il più sottile possibile, con il mattarello, sulla spianatoia infarinata. Aiutandosi con il mattarello, disporla nella teglia precedentemente unta con un filo d'olio, e spennellarla con un filo d'olio. Coprite con un altro foglio di sfoglia, che olierete a sua volta. La pasta deve sbordare dalla teglia.  A costo di essere squalificata, confesserò di non aver steso la sfoglia con i pugni: la mia sfoglia senza glutine è abbastanza elastica, e già si rompeva a guardarla, figuriamoci con i pugni! Ho cercato di stenderla il più sottile possibile con il mattarello, e questo è quando. Era ottima e, anche se non perfetta, abbastanza sottile lo stesso. Mi appello alla magnanimità della corte.

Riempire con il composto, e ricoprire con altri tre fogli di pasta, spennellandoli uno a uno con l'olio.
Arrotolare il bordo a cordoncino (o come si può, vedi foto), lasciandone un pezzettino non arrotolato da cui far passare una cannuccia (nel mio caso una siringa) in cui soffiare per gonfiare la torta.
Quando è ben gonfia come un palloncino togliere rapidissimamente la cannuccia e sigillare l’apertura.



soffiatura della pasqualina

A questo punto la torta è quasi pronta:  spennellare anche l'ultimo strato e il bordo con olio, e infornare nel forno pre-riscaldato a 180°.

Far cuocere per 40-50 minuti o fino a doratura della pasta.

Appena tolta dal forno spennellare delicatissimamente di olio.

Non mangiarla calda, ma aspettare assolutamente che si raffreddi.




Ecco il risultato finale.




Con questa ricetta partecipo alla sfida di settembre dell' MTC di Menu Turistico.
La ricetta originale della Vitto di La cucina piccoLINA

mercoledì 26 settembre 2012

Da Parigi con furore... il mio



Con gli altri appuntamenti, mi era andata bene. Volevo finire in bellezza, con l'unica ricetta ufficialmente gluten-free di tutto il libro, un lievitato. 
Però le colleghe dello Starbooks che avevano sperimentato ricette di lievitati avevano avuto da ridire. Troppo lievito, tempi di lievitazione e di cottura inadeguati, dosi discutibili...

Volevo tentare, perché la ricetta sulla carta mi piaceva.
La tarte flambée, in Germania flammekueche, un lievitato tipico alsaziano. Si tratta di una specie di pizza sottile, cotta nel forno a legna quando la fiamma è ancora viva (da cui il nome), farcita con cipolle, crème fraiche e pancetta affumicata. 
Ma avevo i miei dubbi: i lievitati non si improvvisano.
I lievitati gluten-free men che meno.
Se poi li vuoi fare con farine naturalmente senza glutine, o sei veramente esperto, o il rischio di fallimento è molto elevato. E a leggere la ricetta della Khoo mi sembrava che ci fossero parecchie cose che non tornavano.

Potevo seguire due strade: o rivedere la ricetta a modo mio, forte dell'esperienza e delle conoscenze che ho acquisito in questi quattro anni (e forte del supporto, non smetterò mai di ripeterlo, delle colleghe food-blogger sglutinate dalle quali ho imparato molte delle cose che so fare adesso), oppure seguire la ricetta della signorina Khoo così com'era proposta.

Ho scelto di essere filologica, perché questo è lo spirito dello Starbooks: verificare sul campo se le ricette funzionano.
Se uno si compra un libro di cucina (e la traduzione italiana di questo libro, appena uscita, costa la bellezza di 32€!!!) spera di trovarci delle ricette a modino, buona-la-prima. Ci sono tanti altri posti dove si possono trovare le più diverse ricette: i food-blog, i forum di cucina, i siti delle riviste, dei giornali specializzati e non. Se compro un libro, voglio di più. Voglio che mi dia fantasia, creatività, ma anche precisione e affidabilità.

Così non è stato, c'è poco da girarci intorno.

Ecco le mie osservazioni:
  • si parla di acqua calda per sciogliere il lievito di birra, mentre deve essere tiepida: se l'acqua è troppo calda, il lievito si "brucia" e non fa il suo mestiere.
  • dice di mettere 5 g di lievito secco + 1 cucchiaino e mezzo di lievito chimico per 300 g di farina, mi sembra troppo. Alla prova dei fatti l'impasto, realizzato con un mix di farina di castagne e amido di tapioca, non ne ha voluto sapere di crescere nemmeno un pochino, in forno, compromettendo la cottura: dopo i 20 minuti indicati dalla Khoo, non era minimamente cotto. Dopo 30, c'era uno straterello duro alla base e una cosa che stava diventando collosa sopra. Dopo 40 la situazione non era minimamente migliorata, allora l'ho tirato fuori dal forno e l'ho mangiato così com'era.
  • 190 g di acqua per 300 g complessivi di farine, non sono sufficienti per gli impasti senza glutine, che infatti devono essere sempre molto idratati, al punto che stenderli non è solitamente semplice. Se la rifarò, aumenterò sicuramente i liquidi.
  • non è prevista alcuna lievitazione dell'impasto, nè iniziale nè una volta steso!
    Dice di impastare, stendere ed infornare, senza soluzione di continuità.
    Ma che lievitato è, se non gli si dà il tempo di lievitare?
  • c'era solo 1/2 cucchiaino di sale nell'impasto, e niente nella farcia. In Toscana la farina di castagne è chiamata anche farina dolce, ci sarà un motivo, no? E le cipolle, sono o non sono dolciastre pure loro? Malgrado ciò, il sale non era previsto. Ca va sans dire che era troppo dolce, questa tarte
Però l'aspetto era bello, e il sapore della farcia ottimo. E anche l'idea della farina di castagne. Quindi proverò a rifarla a modo mio. Magari ne faccio due: un lievitato, con delle farine più adatte, e una tarte vera e propria, con le castagne. Vi farò sapere.

Per ora, pollice verso. È questa la ragione che mi ha fatto tornare, virtualmente, da Parigi con furore.
... Il mio furore, per aver comprato un libro pieno di belle foto, patinato, elegante... e parecchio approssimativo. Almeno a giudicare dalla riuscita di questa ricetta e di altre realizzate dalle mie colleghe.

A propos, vi ricordo anche chi sono, le colleghe dello Starbooks, e e cosa ci hanno ammannito per quest'ultima settimana parigina:- Alessandra e Daniela di Menu Turistico: Oeufs en Meurette

- Laroby di Le chat egoiste:  Briochettes au dulche de leche
- Mapi di La Apple Pie di Mary Pie: Magret de canard aux framboises
- L'Araba di Arabafelice in cucina!: Creme brulée
- Ale di Ale only kitchen: Millefeuille aux pommes
- Patty di Andante con gusto: Moelleux au chocolat coeur fondant caramel salé

Ci si vede il mese prossimo, con un nuovo libro!


Nella foto si nota benissimo come è venuto l'impasto, una volta cotto:
il sottile strato croccante alla base, e il resto dell'impasto molto umido e colloso. 

Tarte flambée
Tratto da una ricetta di Rachel Khho in "The little Paris Kitchen"
Barrate/viola le mie modifiche rispetto alla ricetta originale
Ingredienti
  • 160 g di farina di castagne (¶)
  • 140 g di fecola di tapioca (¶)
  • 1 cucchiaino di gomma di guar (non l'avevo, e l'ho sostituito con un cucchiaino di xanthano) (¶)
  • 1 e 1/2 cucchiaino di lievito chimico (¶)
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna light brown
  • 5 g di lievito di birra liofilizzato
  • 1/2 cucchiaino di zucchero
  • 190 g di acqua calda tiepida
Per la farcia
  • 4 cucchiai di crème fraiche (ho usato la panna acida che ho trovato al super)
  • 2 cipolle rosse, affettate sottili
  • 100 g di pancetta affumicata  (¶)
  • 4 rametti di timo
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
 
Preparazione
Preparare l'impasto: mescolare assieme la fecola di tapioca, la farina di castagne, la gomma di guar (io, lo xanthano), il lievito chimico, il sale, e lo zucchero di canna in una ciotola.
Sciogliere il lievito di birra nell'acqua calda tiepida con lo zucchero, e quando comincia a fare le bolle versarlo nella ciotola e mescolare fino ad ottenere una palla omogenea.
Stendere con il mattarello l'impasto fra due fogli di carta-forno (io non ne ho avuto bisogno, l'ho steso su un unico foglio senza problemi) fino a 5 mm di spessore, quindi metterlo in una teglia che lo contenga comodo (io non l'ho fatto, ho preparato la tarte direttamente sul foglio di carta forno, e quando il forno era a temperatura l'ho fatta delicatamente scivolare, carta-forno compresa, sulla leccarda già bollente).
Preriscaldare il forno a 200° con dentro la leccarda a metà altezza.


Mentre il forno si scalda, spargere la crème fraiche sulla base, quindi stendervi sopra le cipolle affettate sottili (io ho usato la mandolina), la pancetta affumicata a mattoncini e le foglioline di timo (la prossima volta ci metterei più panna e più timo, non si sentiva per niente).
Quando il forno è a temperatura estrarre la leccarda, farci scivolare la tarte e infornare velocemente.
Cuocere per mezz'ora (come ho scritto sopra, non si è cotta né è lievitata).
Tradizionalmente si mangia calda, ma dice che  è buona anche fredda.

La Khoo suggerisce anche una versione dolce, con mele, cannella e zucchero di canna al posto di cipolle e pancetta.

mercoledì 19 settembre 2012

Pollo limone, lavanda... e Starbooks



E siamo già arrivati al secondo appuntamento con lo Starbooks di Settembre. Il libro è ovviamente sempre lo stesso, The little Paris kitchen di Rachel Khoo.
La settimana scorsa avevo scelto un antipasto, un'insalata insolita con lenticchie e barbabietole, a questo giro vado con un secondo, un classico pollo al limone impreziosito dalla presenza della lavanda e del miele.
Il risultato è stato decisamente positivo, la lavanda profuma e il miele lascia un retrogusto dolce (ma non troppo, ho usato miele di castagno) che si sposa perfettamente con il resto.

Nella mia versione l'ho cotto un po' troppo, quasi un'oretta, per distrazione (!!!), direi che i tempi della Khoo sono invece sensati.
L'unica cosa che manca dalla ricetta è il sale: un generoso pizzico di sale direttamente sul pollo mi sembra un po' poco, e lo dice una accusata da sempre di cucinare senza sale.

Insomma, per ora la mia esperienza è stata positiva. Certo mi mancano impasti e lievitati che, dai racconti delle colleghe, sembrerebbero il tallone d'Achille della signora. La settimana prossima ve ne proporrò uno, e allora andremo a vedere l'uomo in viso.

Ed eccole, le signore dello Starbooks, e le ricette che hanno sperimentato in questa seconda settimana parigina:
- Alessandra e Daniela di Menu Turistico: Soupe au pistou
- Cristina di Vissi d'arte... e di cucinaNids de tartiflette (nidi di formaggio e patate)
- Laroby di Le chat egoiste:  Croque madame muffins
- Mapi di La Apple Pie di Mary Pie: Sabayon aux Saint-Jacques 
- L'Araba di Arabafelice in cucina!: Pain Briè
- Ale di Ale only kitchen: Gratin de choufleur avec une chapelure aux noisette
- Patty di Andante con gusto: Soufflé au fromage

Mercoledì prossimo, l'ultima puntata!



Poulet au citron et lavande - Pollo alla lavanda e limone
Tratto da una ricetta di Rachel Khho in "The little Paris Kitchen"
Barrate/viola le mie modifiche rispetto alla ricetta originale
Ingredienti
  • 1 pollo, già spezzato in otto/dieci pezzi
  • sale
Per la marinata
  • 2 cucchiai di semi di lavanda 
  • 4 cucchiai di olio extra-vergine di oliva
  • 2 cucchiai di miele alla lavanda, o altro miele liquido (io castagno)
  • sale
  • 2 rametti di timo
  • 1 limone non trattato
Preparazione
Preparare la marinata:sbriciolare la lavanda nel mortaio o, in alternativa, con un mattarello. Mettere i semi di lavanda sbriciolati in una ciotolina con l'olio, il succo e la buccia grattugiata del limone, le foglioline dei due rametti di timo, il miele, un bel pizzico di sale. Mescolare bene.

Mettere in una ciotola i pezzi di pollo, cospargerli con la marinata, coprire con la pellicola e far riposare (minimo mezz'ora, massimo 4 ore).

Preriscaldare il forno a 200°. Mettere il pollo con tutta la sua un po' di marinata in una teglia da forno, salare e infornare.
Far cuocere per 45 minuti, girando i pezzi una volta, e spennellando ogni tanto con una cucchiaiata della marinata rimasta.
Per verificare se il pollo è cotto, pungerlo con uno spiedino: il pollo sarà cotto quando il sugo che fuoriesce è chiaro.

Servire con il suo sughetto, accompagnato da patate lesse o insalata.

lunedì 17 settembre 2012

Schiacciata con l'uva senza glutine per l'inizio dell'autunno



La schiacciata con l'uva è un piatto tipico della cucina toscana, un dolce molto rustico, essenziale, ma davvero buonissimo.
Semplice pasta da pane, reimpastata con un po' di zucchero (ma c'è chi la usa così com'è) farcita con uva rossa da vino (in particolare Canaiolo, un antico vitigno che fa parte del disciplinare di produzione del Chianti) e zucchero.

L'uva cuoce, rilascia il suo succo che impregna l'impasto rendendolo dolce e meravigliosamente appiccicoso. Cola anche sul fondo della teglia, si fonde con lo zucchero e rende la base quasi caramellata.
A mangiare la schiacciata con l'uva si finisce con le mani tutte appiccicaticce di zucchero e succo d'uva, ma è un vero piacere. Come è piacevole sentire scricchiolare sotto i denti i semini dell'uva,  tassativamente da lasciare.

È un dolce che consiglio in ogni modo, buono e semplice da fare, se si ha la pazienza di aspettare le varie lievitazioni dell'impasto.
Dico solo che non lo mangiavo dal 2008, prima della diagnosi di celiachia, e riassaggiarlo è stato un piacere vero.

Precisazioni "tecniche" sulla farina: ho usato un classico mix di farine da Un cuore di farina senza glutine, ma corretto con un 10% di Agluten, perché la volevo un po' più soffice.

La ricetta la trovate su




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mercoledì 12 settembre 2012

Venite a Parigi con lo Starbooks?

Si ricomincia! La scuola, e il blog.
La scuola è un grande punto interrogativo: prima media per mia figlia, scuola nuova per me. Incrociamo le dita.
Con il blog invece si ricomincia alla grande, con un grande onore.
Ve l'avevo detto, qualche mese fa, che mi ero appassionata allo Starbooks, no? Mi era piaciuto lo spirito, provare le ricette tratte da libri di cucina, e condividerne non solo la realizzazione ma anche le problematiche.



Potrete quindi immaginare l'entusiasmo e la gioia che ho provato quando Alessandra di Menu Turistico mi ha contattata per chiedermi se volevo far parte del progetto Starbooks. Anche se è un periodo intenso, non avrei mai, per niente al mondo, rifiutato.
La filosofia è questa: ogni mese si sceglie un libro di cucina, ce lo leggiamo con calma, decidiamo quali ricette vogliamo provare e le sperimentiamo in modo critico. Non per fare le bucce, ma cercando di seguire con attenzione l'autore, senza mettere quel pilota automatico che spesso di innesca quando si apre un libro di ricette.
Perché tutti leggiamo molti libri di cucina, ma come sempre più spesso ci si ascolta sempre meno, quando si parla, così vale anche per i testi, più o meno sacri: uno legge lo spunto e parte in quarta. E invece non si dovrebbe fare così, perché si rischia di perderci un mondo, di non imparare delle cose che invece ci potrebbero essere utili, insomma, di essere superficiali. Anche in cucina è giusto fare le cose con consapevolezza e mettendoci la testa.
 
Insomma, Alessandra mi ha chiamato, potevo non rispondere?

E così eccomi qua, anch'io della mitica squadra dello Starbooks.

Il back-stage è stato molto divertente: la scelta dei libri, la discussione sulle ricette, le soluzioni da adottare. Come al solito, si impara, e molto, e ci si diverte, e molto. Cosa volete di più.
Ma il libro del mese, scusate, qual era?
Ah... The Little Paris Kitchen di quella bellona della Rachel Khoo. Che faceva la modella, poi ha deciso di concedersi un sabbatico a Parigi per imparare a cucinare (alla scuola del Cordon Bleu), e da quest'esperienza è venuto fuori un libro.
Il libro è ben confezionato, ammiccante, anzi, lei ammicca da ogni pagina con il grembiulino o con la sporta al mercato. Abitando a Firenze certe foto mi hanno fatto venire in mente il mercato dietro casa,  invaso da torme di turisti in visita guidata, lì che guardano il cavolo nero, l'arista, i fegatelli di maiale e la zucca come fossero la Venere del Botticelli.
Tutti regolarmente intruppati dietro una guida con ombrellino d'ordinanza.
E io rido. A volte, quando sono davvero troppi, impreco pure un po'...

Però, malgrado tutti queste perplessità iniziali, le ricette erano invitanti. Ed è una delle cose che conta.
Una rivisitazione in chiave abbastanza light e easy della cucina francese tradizionale.

Le mie colleghe dicono che ci sono stati un po' di problemi, andate da loro e leggete in diretta cos'è successo, io con questo primo esperimento sono stata fortunata, era una cosa facile e, malgrado gli accostamenti un po' anomali, a me è piaciuta, e non solo a me.

Ed eccole, le signore dello Starbooks, e le ricette che hanno sperimentato per noi/voi questa settimana:
- Alessandra e Daniela di Menu Turistico: Salse madri
- Cristina di Vissi d'arte... e di cucina: Cake au saucissons sec avec pistaches et prunes
- Laroby di Le chat egoiste: Moules marinieres
- Mapi di La Apple Pie di Mary Pie: Endives au jambon
- L'Araba di Arabafelice in cucina!: Creme Vichyssoisse au chou-fleur glacè
- Ale di Ale only kitchen: Pissaladière
- Patty di Andante con gusto: Creme caramel

Purtroppo non partecipa alle pubblicazioni Cristina G.  di Insalata mista/Poveri ma belli e buoni, ma speriamo che torni presto.

Poi ci sono anch'io, con questa insalata/piatto unico/antipasto a base di lenticchie e barbabietole e caprino.
La Khoo diceva di usare le lentilles de Puy, decantandone le qualità. Io non avrei saputo dove trovarle, e, leggendo quello che ne diceva la Khoo, ho deciso che quelle di Castelluccio andavano benissimo.



Lentilles du Puy avec un fromage de chevre, betteraves et une vinaigrette d'aneth 
Tratto da una ricetta di Rachel Khho in "The little Paris Kitchen"
Barrate/viola le mie modifiche rispetto alla ricetta originale
Ingredienti
(per quattro persone se antipasto, per due se piatto unico)
  • 200 g di lenticchie di Puy (per me, di Castelluccio)
  • 1 rametto di timo
  • 1 foglia di alloro
  • 1 barbabietola lessata e pelata
  • una manciata di insalatina (io l'ho omessa)
  • 200 g di formaggio fresco di capra (volendo, se si preferiscono sapori più decisi, anche un formaggio più stagionato, io ne ho usato uno a metà)
  • olio extra-vergine di oliva
  • sale e pepe
Per la vinaigrette di aneto
  • 1/2 mazzetto di aneto
  • 2 (io anche 3) cucchiai da cucina di olio di girasole (io extra-vergine di oliva)
  • 2 (io anche 1,5) cucchiai di aceto di vino bianco
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 pizzico di zucchero
Preparazione
    Lavare le lenticchie sotto l'acqua corrente, quindi metterle in una pentola capiente, con il timo, la foglia d'alloro, un bel pizzico di sale e abbondante acqua. Far cuocere almeno un quarto d'ora dal bollore (io un po' di più, ma erano di Castelluccio), finché non sono tenere. Scolarle togliendo l'alloro e il timo e far freddare.

    Nel frattempo, preparare la vinaigrette con il mixer, mettendo insieme tutti gli ingredienti indicati. Aggiustare di sale.

    Tagliare la barbabietola a fette.

    Impiattare in piatti singoli, mettendo prima le lenticchie, sopra le foglie di insalatina, quindi le fette di barbabietola, il formaggio di capra a briciolone, ed infine la vinaigrette d'aneto e un po' di olio d'oliva.
    Aggiustare di sale e pepe e servire.

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