- 500 ml di panna
- 100 g di zucchero semolato + 100 g per il caramello
- 3 uova intere
- 150 g di amaretti *
- 50 ml di caffè
- 50 ml di Amaretto di Saronno *
I tempi del blog mi sono a lungo sembrati tempi frivoli, ma in realtà sono stati tempi belli. Prima di tutto perché all'epoca poi i figli erano piccoli, e solo dopo ho capito che quel tempo non sarebbe più tornato: le ricette del blog erano pranzi di famiglia, merende di bambini, cene con amici.
Cucinare mi faceva stare bene, ma un amico mi ha detto che faceva stare bene anche gli altri.
Ho imparato tante cose, sono stata curiosa, c'era della leggerezza che oggi non mi è facile recuperare.
Ma c'è un tempo per ogni cosa, chi può dire cosa accadrà domani, ci sta che mi rimetta ai fornelli.
Questa ricetta, come ai vecchi tempi, trae ispirazione da una ricetta trovata sul web, di Daniele Persegani, la cui cucina, così solidamente d'antan, mi riporta a sapori familiari, di una volta, ai piatti di mia zia.
La sua era ovviamente una ricetta con glutine, e la frutta erano fragole. Io non amo per niente le fragole cotte nelle torte, le ho provate più volte ma assumono quel sapore così nettamente acido senza arrotondamenti che mi sembra sempre sbagliato. Preferisco decisamente le pesche, o le albicocche.
Queste albicocche venivano del mercato, me le ha vendute il solito contadino furbo facendomi credere che fossero già buone, mentre sapevano davvero di poco e dopo meno di un giorno si erano già sciupate, per fortuna che sono riuscita a cacciarne un bel po' in questo cake, in cottura si sono abbastanza riprese, sembravano quasi vere. Penso che comunque a luglio faranno un altro effetto.
70 g di farina di avena *
70 g di farina di riso *
70 g di fecola di patate *
20 g di amido di tapioca *
20 g di amido di riso *
70 g di farina di mandorle *
150 g di yogurt greco
65 g di olio di semi
200 g di zucchero vanigliato
30 g di mandorle a lamelle
3 uova medie
1 bustina di lievito vanigliato *
1 cucchiaio di rum
250 g di albicocche
Granella di zucchero *
Burro e farina di riso * per lo stampo
Snoccioliamo le albicocche, tagliamole a pezzetti, e mettiamole da parte in una ciotola con un cucchiaio di zucchero tolto dal totale e il rum.
Perché se è vero che cucino abbastanza poco, e cose normali da tutti i giorni, non è che cucinare non mi diverta più, anzi. Solo che non riesco a trovare il tempo.
Questo tiramisù mi occhieggiava da anni, dal libro Tiramisù e chantilly, ero certa che mi sarebbe piaciuto. Trattasi effettivamente di una preparazione laboriosa, ma assolutamente non difficile: alla fine i passaggi che richiedono più attenzione sono la pate à bombe e la meringa italiana, che però prevedono procedimenti molto simili quindi imparata l'una si saprà fare anche l'altra.
Cucinare è una bella attività, che mi rilassa molto: sto lì qualche ora concentrata, magari un po' sotto pressione perché ho cominciato alle quattro e devo finire tutto abbastanza in fretta, e le preoccupazioni si sciolgono.
Valutazione della ricetta: buonissima! Le dosi di Montersino mi destabilizzano sempre un po', alla fine ho fatto abbastanza di testa mia, e ho anche apportato una modifica per semplificarmi la vita che non credo abbia cambiato granché il risultato, non facendo due creme distinte, ma un'unica crema al mascarpone, mescolata con la meringa, che poi ho diviso a metà: in una metà ho aggiunto nocino e noci caramellate mentre l'altra metà l'ho lasciata al naturale. Montersino dice di usare la crema tiramisù mescolata con la meringa italiana per quella classica, mentre per la crema alle noci caramellate propone di utilizzare del semplice mascarpone mescolato a meringa italiana. Non credo ci sia una gran differenza, se non cromatica perché la crema tiramisù contiene i tuorli d'uovo quindi è giallina, mentre l'altra sarebbe bianca, nel mio caso erano una giallina e l'altra beige.
Errori da non ripetere: ho aggiunto il nocino nella bagna, e non avrei dovuto, perché l'alcolico nel complesso era un po' troppo dominante, soprattutto nella base di savoiardi; ho seguito le dosi della ricetta per il caramello salato al nocino e non è venuto granché salato, ma soprattuto se ce ne fosse stato un po' di più non avrebbe nuociuto.
Ma sono dettagli. Il dolce era, ripeto, buonissimo.
Ho usato il Nocino delle Streghe, di una piccola ditta modenese locale, che produce liquori della tradizione in modo ancora artigianale, con un risultato davvero eccezionale. Ci tengo a precisare che questa non è una collaborazione, loro non sanno nemmeno che li sto promuovendo, ma penso che sia giusto dire quando un prodotto è buono.
Mettete lo zucchero e l’acqua in un pentolino, mescolate, e ponete sul fornello a fuoco dolce mescolando finché lo sciroppo non raggiungere la temperatura di 121 °C, come nella crema al mascarpone.
A questo punto versate lo sciroppo a filo sugli albumi, sempre montando con le fruste elettriche (dovrete usare un contenitore profondo per evitare gli schizzi di sciroppo bollente), e continuate a montare finché non si raffredda, poi riponete in frigorifero la meringa fino al momento di utilizzarla.
Contro il logorio della vita moderna ci vorrebbe davvero un Cynar, ma io sono diventata quasi astemia e il Cynar non mi è mai piaciuto.
Forse ci vorrebbe semplicemente una vita più naturale e ritmi più distesi?
Cominciamo da una dieta più sana e sostenibile. I miei esperimenti vegetariani sono sempre in mezzo al guado, è difficile inserire la variante veg nella dieta quotidiana di una famiglia di quattro persone se gli altri membri della famiglia non ne vogliono sapere, così dopo mesi in cui preparavo tre o o quattro cose diverse a pasto la scelta rigidamente vegetariana è naufragata, e sono diventata flexitariana, come si direbbe oggi, in pratica siamo passati a cercare di fare almeno una cena o due alla settimana esclusivamente vegetariani, a pranzo siamo al nutrirsi per nutrirsi, e il resto va come va.
Oltre alle mille polpette di fagioli, ceci, lenticchie, sorgo, quinoa e chi più ne ha più ne metta, abbiamo anche le torte salate, gli sformati, ma anche le farafrittate, o farinate di ceci che fanno finta di essere frittate.
In Toscana si chiama cecina, ma se ci metti le verdure non so se si chiama ancora così.
Questa con i carciofi è davvero buonissima.
Ho provato a rifarla dopo averla mangiata in un posticino vegano dietro la mia scuola, che si chiama Pappagioia, e offre sempre molte opzioni senza glutine anche se non è certificato. Io non ho mai avuto problemi ma tenetene conto se siete celiaci. E' il posto d'elezione dove vado con una carissima amica e collega, per fare una pausa dal logorio della vita moderna, per restare in tema.
Ispirata dall'ultimo pranzo insieme, ho provato a preparare una cena vegan che aveva effettivamente un suo perché: oltre alla farinata con i carciofi c'erano varie verdure (cime di rapa, cavolo rosso stufato che pubblicherò a breve, spero, sempre ispirato da Pappagioia), fagioli e pane fatto in casa alle patate, molto buono, con la mollica soffice e la crosta croccante.
Preparazione: 30 minuti + il riposo
Cottura: 20 minuti
Ingredienti
(per una teglia rotonda da 28 cm di diametro)
180 g di farina di ceci *
420 ml di acqua
succo di limone
olio extravergine di oliva
4 carciofi
sale
olio
Setacciate la farina di ceci in una ciotola capiente, e, sbattendo con una frusta, diluitela con l'acqua stando attenti a non fare grumi, e fate riposare da qualche ora a una notte intera, coperto.
Mondate i carciofi togliendo foglie esterne, punte e barbe e tagliateli in spicchi sottili; via via che li pulite metteteli a bagno in acqua acidulata con succo di limone per evitare che anneriscano. Scolateli dall'acqua e rosolateli in una pentola con un po' di olio extravergine di oliva. Salate, mescolate bene e fate rosolare incoperchiati, in modo che si ammorbidiscano senza attaccare. Mescolate spesso, altrimenti attaccano, quando sono ammorbiditi sono pronti. Tenete da parte.
Unite all'impasto un cucchiaio d'olio.
Ungete la teglia con abbondante olio e versateci sopra la pastella, e quindi unite i carciofi, disponendoli in modo uniforme.
Infornate nel forno preriscaldato a 200 °C, sul ripiano più basso del forno, e fate cuocere per 15 minuti, quindi spostatela cecina sul ripiano più alto, e fate cuocere per altri 10-15 minuti o finché diventa dorata e croccante.
Lasciatela riposare qualche minuto, così diventa più facile tagliarla, e servitela con accompagnamento di verdure.
Ci è piaciuta anche fredda.
Pasta velocissima, da fare così all'ultimo minuto, con ingredienti che avrete sicuramente in casa: cipolle, acciughe, pane, olive. Ecco, forse il finocchietto no, ma si possono sempre usare delle barbe di finocchi, oppure anche niente.
Perché l'idea è che sia una soluzione per quando proprio non sapete cosa fare.
L'idea l'ho copiata dai tortiglioni e briciole croge de La pozione magica su Instagram, che poi è una mia cara amica del GAS e collega di scuola.
Però visto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, non l'ho fatta proprio uguale uguale, ho apportato quale modifica.
Supponiamo che abbiate deciso di fare uno Zelten per Natale, e che poi non lo abbiate fatto.