lunedì 27 giugno 2011

Tarte senza glutine di pesche per una lunga estate



All'inizio di ogni estate, c'è sempre un giorno in cui mi sento così.
Sto guidando da sola, fuori città.
La musica sparata.

Mi sento bene, tutto è possibile. Sto partendo. Potrei arrivare ovunque. Anche a Tucson, come in ogni road-movie che si rispetti, magari guidando sull'oceano.

Fuori si sente il profumo dell'estate, quello del vento che sa di mare, o quello del sole che non perdona. Il silenzio, al massimo il frinire delle cicale in sottofondo.
Non ho paura di niente.

Poi mi avvolge la città bollente, con i suoi puzzi, i suoi rumori, i suoi cattivi umori.

La magia è finita.

Buone estate!
Che questa torta sia un buon viatico.
L'ispirazione me l'ha data Luvi, un paio di mesi fa, precisamente qui.

tarte alle pesche e streusel
Crostata pesche e crumble senza glutineIngredienti
Per la frolla
  • 100 g di farina di riso (¶)
  • 80 g di amido di mais (¶)
  • 40 g di fecola di patate (¶)
  • 30 g di fumetto di mais (¶)
  • la buccia grattata di un limone non trattato
  • 3 g di xanthano
  • 130 di burro
  • 100 g di zucchero
  • 1 uovo
Per il crumble, o streusel che dir si voglia
  • 25 g di farina di mandorle (¶)
  • 15 g di farina di riso (¶)
  • 15 g di amido di mais (¶)
  • 50 g di zucchero
  • 40 g di burro
  • un cucchiaino di cannella in polvere
Per la farcitura e finitura del dolce
  • 4 o 5 pesche sugose ma non troppo morbide
  • 3 cucchiai di zucchero
  • un paio di cucchiaini di cannella in polvere (¶)
  • un limone non trattato
  • 50 g di amaretti (¶)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Preparazione
    Preparare la frolla come più vi aggrada. Io da quanto ho la planetaria lascio fare a lei, (gancio a foglia) mettendo prima le farine con il burro, e poi, quando è venuto un briciolame fine, aggiungendo gli altri ingredienti nell'ordine indicato, e lasciando andare la planetaria per pochissimo. Quindi compatto a mano, metto nella pellicola e caccio in frigo. Almeno mezzora, ma ottimo la sera per il giorno dopo.

    Stendere la frolla ad una altezza di 0,5 cm in una teglia da tarte, precedentemente imburrata ed infarinata (diametro della teglia: 28 cm di diametro), e rimetterla in frigo.

    Preparare il crumble mettendo gli ingredienti nella planetaria, finché si forma un briciolamen fine.
    Tostarlo in forno preriscaldato a 170°, steso sulla leccarda coperta di carta forno, fino a doratura (un quarto d'ora, venti minuti circa).

    Sbucciare le pesche e tagliarle a pezzetti come per una macedonia. Farle andare un po' in una padella, con lo zucchero, la buccia di mezzo limone grattata e la cannella. Devono cuocersi ma non diventare una composta. Si devono sentire i pezzi di pesca.

    Comporre la crostata: togliere la teglia dal frigo, bucherellare la pasta sul fondo, stendervi il crumble e quindi sopra le pesche. Spolverizzare con gli amaretti sbriciolati.

    Far cuocere nel forno preriscaldato a 170° per una quarantina di minuti.

    Lasciar freddare e sformare.

    P.S. Nota di servizio: in questo periodo non sono a casa, ma sto in campagna dai miei con la prole. No collegamento a internet (ottima disintossicazione).
    Passo ogni tanto da casa di sfuggita, per controllare che i pesci e il marito siano vivi.
    Pubblico qualcosa, ma non riesco di passare dagli altri blog. Spero che mi perdonerete.


    La ricetta è tratta dal mio libro, pubblicato da Giunti Editore.

    http://www.giunti.it/libri/cucina/pasticceria-gluten-free/

    sabato 18 giugno 2011

    Arista e patate... Più tradizione di così!

    aristaL'arista...

    Questo banalissimo piatto è il piatto di casa mia. E, posso con certezza aggiungere, il piatto di moltissimi toscani (se la gioca alla pari con il roast-beef).

    Viene qualcuno a cena e non hai idee? Cosa di meglio di un'arista con le patate, che mette d'accordo grandi e piccini?
    Viene un foresto e gli vuoi far assaggiare le specialità locali? Arista e patate arrosto (vero Stefania?)!

    La cosa buffa è che a fare le patate arrosto come si deve l'ho imparato da due non toscani: la mitica zia Rossana, quella della pasta fatta in casa, che mi ha insegnato a dare una scottatina alle patate prima di metterle in forno (adesso lo fanno tutti, ma una volta non era così) e da un inglese (lo stesso del crumble), perso di vista da anni, che faceva delle patate meravigliose. I suoi segreti erano due: tagliarle a pezzi grossi e muoverle il meno possibile. Mettendo insieme i due insegnamenti si ottengono delle patate croccanti fuori, ma non rinsecchite, e molto molto saporite.
    Il mio contributo sta nel condirle con la salamoia fatta in casa (sale aromatizzato con aglio e erbe aromatiche varie) e di mescolare il tutto con le mani, per ungere bene tutte le patate (e questo lo fa sempre la mia mamma). Ah... Anche cuocere il tutto a temperatura molto elevata, per fare la crosticina.

    La temperatura elevata, soprattutto all'inizio, è fondamentale anche per l'arista. Così, direbbero i chimici-fisici che studiano la scienza in cucina, la reazione di Maillard dà il meglio di sè. A me lo disse Lapo, quello del ragù di salsiccia, tanti anni fa. In effetti come scienziato non è malaccio...

    Sempre Lapo sostiene che non è vera arista se non ha l'osso. Ha ragione, con l'osso è più buona, saporita, sugosa, morbida, però ormai trovare l'arista con l'osso non è più tanto facile, a dimostrazione che ci siamo un po' tutti impigriti. Anche il mio meraviglioso macellaio ce l'ha senz'osso, ma è così buona, così buona, che glielo perdoniamo. Essenziale però la presenza del grasso in abbondanza. Passi per l'osso, ma senza un bello strato di grasso che circonda la carne, l'arista viene male: rinsecchita, e senza sugo.

    E invece qui entra in gioco l'ultimo dei segreti, che viene dalla mia nonna Carmela, sì sempre lei: l'arista, se la carne aveva i suoi grasselli a modino, farà un bel po' di di sughetto, e se riusciamo a tenere a bada la banda degli scarpettari scatenati, un pochino ne avanzerà. Così la prossima volta che faremo le patate arrosto, invece che cuocerle con il banale olio, lo sostituiremo, tutto o in parte, con il sugo dell'arrosto. Avete idea di quanto vengano buone?

    patate arrosto...e le immancabili patate

    Con un piatto che racchiude in sè tutte queste tradizioni familiari, la mamma, la nonna, la zia, pure gli amici, potevo non partecipare al contest di Sonia?

    No, non potevo. E infatti eccomi qua! :-)





    Arista con patate
    Ingredienti
    • un bel pezzo di arista (non sotto il kg, se no secca troppo)
    • salamoia hand made (sale aromatizzato con aglio, salvia e rosmarino)
    • olio toscano buono
    • vino bianco a portata di mano
    • patate a pasta rossa
    • sugo di arrosto
    • sale
    • salvia
    Preparazione

    Se il pezzo di carne non è abbastanza compatto, legarlo. Massaggiarlo bene con la salamoia, e metterlo in una teglia da forno con un po' d'olio sul fondo.

    Infornare nel forno alla massima temperatura. Quando si vede che si è rosolata sopra, aprire il forno e girarla.

    Quando è rosolata da tutte le parti, si può abbassare la temperatura fino a poco meno di 200°.

    Se l'arista era abbastanza grassa, dovrebbe produrre da sè del buon sughetto, altrimenti aggiungere un po' di vino bianco.
    rn
    I tempi di cottura dipendono ovviamente dalle dimensioni del pezzo di carne, per un pezzo di arista di 1,2 kg circa contare un'oretta e mezzo. Deve essere ben cotta, e non rimanere rosa all'interno, ma ovviamente non deve cuocere troppo, altrimenti diventerà stopposa e le avrete fatto un bel dispiacere. Se volete fare i tecnologici e disponete di un termometro da arrosti, tenete conto che dovrebbe raggiungere, all'interno, poco meno di 80°.

    Quando è pronta, sfornarla e lasciarla riposare coperta per far compattare la carne, al fine di poterla tagliare al meglio. L'arista non si taglia troppo sottile, le fette devono essere di almeno mezzo cm per apprezzare il sapore della carne...

    Nel frattempo procedere alla preparazione delle patate.

    Sbucciarle (mi raccomando che siano a pasta rossa, o eventualmente gialla, non bianche!), tagliarle a pezzi non piccoli (dei cubotti di 2 o 3 cm di lato) e gettarle in acqua fredda.
    Nel frattempo si sarà messa su una pentola con dell'acqua. Quando prende il bollore, ci si buttano le patate e si fanno cuocere per cinque minuti, o poco più. Non devono lessare, ma solo perdere il duro e "regalare" un po' d'amido.

    Scolarle e lasciarle da parte.

    Quando siamo pronti per cuocerle (richiederanno un'oretta, anche qualcosina in più), metterle in una teglia da forno in cui stiamo ben stese, sul cui fondo si sia messo un po' d'olio o, se disponibile, del sugo di arrosto, salare, spezzettare grossolamente delle foglio di salvia e mescolare bene il tutto con le mani. Il sale si può sostituire con la salamoia usata per l'arista, viene ottimo.

    Infornarle a temperatura molto alta, anche il massimo, a metà forno, e lasciarle lì, senza toccarle.
    Quando si vede che hanno fatto la loro bella crosticina dorata -siamo quindi piuttosto avanti nella cottura- si possono tirare fuori e girare. Se si girano al momento giusto, ed ovviamente c'era abbastanza condimento, non dovrebbero essere attaccate, e quindi a girarle rimarranno integre. Se invece ci si ostina a girarle troppo presto, rischiano di rompersi e questo non va affatto bene.

    Alla fine dovranno essere croccantissime fuori, ma non rinsecchite, e morbide dentro, e dovranno aver tirato il buono del sugo dell'arrosto.

    Sarà ben facile!!!

    martedì 14 giugno 2011

    La scuola è finita, festeggiamo con una torta senza glutine

    torta di pesche del nanniVersione con pesche e mandorle

    Alla fine dell'anno scolastico, un post che parla di scuola. In particolare, del senso che ha per me questo lavoro, che ho cominciato a fare da pochissimo tempo, da adulta, per caso.

    Chiariamoci subito: insegnare non è il mio mestiere.
    Malgrado abbia due figli, sui quali vado in sollucchero e mi sdilinquisco in continuazione, e ai quali dedico gran parte della mia vita, in realtà non ho mai avuto una particolare passione per i bambini. Non so relazionarmici, mi annoiano, mi stancano.
    Poi ci sono i figli tuoi, e tutto diventa diverso. Anche se pure i figli miei, a volte mi stancano.

    E continuo a non divertirmi particolarmente con i bambini. Gli adolescenti poi, in media, mi stanno proprio sull'anima.
    Sarà perché non mi è piaciuto essere adolescente, sarà perché tutte queste manifestazioni ego-esagerate che li caratterizzano mi esasperano.

    Poi però mi sono trovata ad insegnare. Un mestiere importante, fondamentale per una società.
    Cavoli! Proprio io che non ci sono tagliata lo dovevo fare? Ma che responsabilità... Solo che un briciolo di coscienza ce l'ho, quindi cerco di fare in modo che la mia presenza abbia un senso per loro.

    Un riferimento saldo e sicuro? Insegnante severa ma giusta? Fin dal primo giorno è stato chiaro che sono poco autorevole.
    Detto in modo meno elegante, i ragazzi non hanno alcun timore di me, non studiano una mazza e fanno un casino dell'ottanta. Il senso è da cercare altrove.
    Insegnare è un mestiere che ti mette in discussione come persona, vuole vedere l'uomo in viso. Insomma, dimentichiamoci l'autorevolezza. Troviamo un'altra strada.

    La prima cosa che mi ha colpito, quando sono entrata nella scuola, è che molti insegnanti non sanno i nomi dei loro allievi. I nomi di battesimo intendo (oddio... alcuni sbagliano pure i cognomi, ma quelli sono casi patologici che non prendo nemmeno in considerazione).
    Io da che insegno ho avuto come minimo, ogni anno, dai 150 a più di 200 allievi. Ogni anno diversi, ovviamente. Magari li vedo due ore alla settimana. Eppure i nomi mi si sono subito stampati dentro. I nomi di battesimo.

    E dai nomi si passa a uno scherzo, e magari uno sfogo raccolto in corridoio "Profe le posso parlare? ... Ma in privato però".
    Insomma, alla fine quei nomi acquistano una sostanza, diventano persone.

    Piccole persone che mi passano davanti settimana dopo settimana, ognuna con la sua storia.
    Alcune sono storie terribili, altre normali, ma se le hai conosciute non ti sono più indifferenti.

    E il senso di questa professione per me sta nel difficile equilibrio fra il mantenere le distanze e il lanciare ponti.

    E così finisce che alcuni ti odiano, perché con loro non ce l'hai fatta, altri si prendono delle libertà eccessive, e anche con loro non ce l'hai fatta, ma alcuni ti cantano "Tanti auguri" per il tuo compleanno e ti regalano dei fiori a fine anno. Altri ti invitano a una Critical Mass. Altri ancora si ricordano di te anche l'anno dopo.
    E così capisci che quel difficile equilibrio ha avuto un senso.
    Poi ci sarebbe anche insegnare la fisica, ma questo purtroppo finisce per passare in secondo piano. Se ne riparlerà quando avrò capito come si fa a farli studiare...

    torta mandorle e albicoccheVersione con albicocche e mandorle

    E per festeggiare la fine di questo anno scolastico, una torta che ho preso pari pari dal Nanni.

    L'avevo già fatta l'anno scorso, con le albicocche, e l'ho rifatta l'altro giorno, quando sono stata travolta da tre casse di pesche del G.A.S. che hanno cominciato ad ammuffirsi, per il gran caldo, alla velocità della luce.

    In entrambi i casi non avevo le nocciole e ci ho messo le mandorle. Ci è piaciuta parecchio uguale.


    Torta pesche e mandorle senza glutine
    (da questa ricetta del Nanni)
    Ingredienti

    • 75 g di farina di riso (¶) + quella per spolverare la teglia
    • 50 g di amido di mais (¶)
    • 50 g di fecola di patate (¶)
    • 60 g di mandorle sbucciate ma non pelate
    • 150 g di burro + quello per imburrare la teglia
    • 150 g di zucchero
    • 1 cucchiaino di lievito per dolci (¶)
    • 3 uova
    • 3 pesche biologiche
    • buccia grattata di un limone
    • un pizzico di sale
    • zucchero a velo
    Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
    Preparazione

      Polverizzare nel tritatutto le mandorle sgusciate ma non pelate. Per evitare che facciano l'olio le metto prima nel congelatore, e ci aggiungo comunque un cucchiaio di zucchero mentre le trito.
      Battere a lungo a temperatura ambiente con lo zucchero, quando è diventato una crema abbastanza soffice e spumosa aggiungere le uova ad una ad una, il pizzico di sale e la buccia grattata del limone.

      Amalgamare al composto le farine setacciate con il lievito, e la farina di mandorle.

      Imburrare una tortiera (io ne ho usata una col il bordo sganciabile) di 24cm di diametro, e spolverarla con la farina di riso. Versarvi il composto, e livellarlo ben bene.

      Lavare le pesce e tagliarle a fette abbastanza sottili, senza togliere la buccia.

      Immergere le fettine di pesche di taglio in cerchi concentrici, come mostra il Nanni. Può darsi che vi avanzi qualche fettina.

      Infornare nel forno preriscaldato a 170° per una quarantina di minuti (il Nanni dice 30, ma per me era ancora troppo morbida, ovviamente tutto dipende dalla conoscenza del proprio forno).

      Tirare fuori dal forno, far stabilizzare 5 minuti nella tortiera e poi mettere a raffreddare su una griglia.

      Servire freddo cosparsa di zucchero a velo.

      La ricetta è tratta dal mio libro, pubblicato da Giunti Editore.

      http://www.giunti.it/libri/cucina/pasticceria-gluten-free/

      martedì 7 giugno 2011

      Biscotti S(I) senza glutine, per i referendum

      biscotti S
      Spero di farcela, a pubblicare un paio di post per il referendum, di qui a domenica.

      Malgrado i registri, le relazioni finali, le valutazioni, insomma, malgrado stia finendo l'anno scolastico.

      Malgrado i figli che non ne possano più.

      Malgrado una serie di cose sgradevoli e antipatiche che mi fanno perdere un sacco di tempo.

      Insomma, qui domenica 12 e lunedì 13 SI va a votare per i referendum. Che sono:
      • 2 sull'acqua pubblica
      • 2 sul nucleare
      • 1 sul legittimo impedimento
      Quello che si deve votare è facile: quattro SI. E convincere qualcuno che non voleva votare a venire con voi. I pigri, quelli che si dimenticano, gli stanchi e i disillusi. Su, marsh!, A Votare!

      Lo vedete che per farvi venire voglia vi ho fatto pure i biscotti (da una bellissima ricetta di Sonia magistralmente ripresa da Anna),

      Biscotti S(I) senza glutineIngredienti
      • 180 g di farina di riso (¶)
      • 210 g di amido di mais (¶)
      • 60 g di fecola di patate (¶)
      • 2 uovo
      • 300 gr.burro
      • 150 gr. zucchero di velo (¶)
      • 1 cucchiaino di lievito (¶)
      • la buccia grattata di limone BIO non trattato
      • cioccolato fondente (¶)
      • un pizzico di sale
      Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

      Ingredienti
      In planetaria montare il burro morbido con lo zucchero, aggiungere l'uovo e la buccia di limone.

      Aggiungere a poco a poco la farina setacciata con il lievito.

      Versare il composto in una sacca da pasticceria con beccuccio a stella e formare dei biscottini a forma di S su una teglia ricoperta da silkpat o carta forno.

      Infornare in forno già caldo a 250° per 2/3 minuti e poi a 200° per 10 min.
      Devono rimanere chiari. Lasciare raffreddare e intingere le estremità in cioccolato fondente fuso.
      http://www.blogger.com/img/blank.gif
      Anche questo post partecipa al contest della Banda dei broccoli, Quattro SI per dire NO


      giovedì 2 giugno 2011

      Morbidissimo pancarré senza glutine per la nuova celiaca di casa

      pancarré senza glutine
      È ufficiale: in famiglie le celiache sono diventate due. All'eletta schiera si è aggiunta mia figlia.

      Oggi vi racconterò la sua storia, perché ne ho bisogno, e forse potrebbe servire ad altri.

      Anche se basterebbe dire una cosa: ascoltate il vostro istinto, che sui figli raramente sbaglia, e, nel caso, rompete le scatole ai pediatri di base, rompete le scatole, rompete le scatole!

      La prima volta che ho sentito parlare di celiachia è stato cinque o sei anni fa, da Ilaria, un'amica a cui la celiachia è stata diagnosticata da adulta, per caso. Come per molti di noi, peraltro. Ciao Ilaria!

      Mi incuriosisco, mi faccio spiegare, e mi si accende una lampadina: la scricciola potrebbe essere celiaca. Molte cose sembrerebbero trovare una spiegazione, ne parlo con il pediatra. "Ma si figuri signora! Assolutamente no, lei i bambini celiaci non li ha mai visti" E così vengo rimessa a posto, buona buona con la mia etichetta di mamma ansiosa... e buon glutine a tutti!

      Nel frattempo, in modo abbastanza fortunoso, tre anni fa la celiachia viene diagnosticata a me, per vie completamente altre.

      La lampadina mai del tutto spenta si riaccende con vigore. "Allora avevo ragione!" Eppure i bambini fanno il test, ed entrambi risultano negativi.

      La scricciola intanto è cresciuta. Poco.
      Si ammala spesso. A volte spessissimo.
      Non la si potrebbe definire il ritratto della salute.
      L'anno scorso, dopo un mese di influenze, sembrava veramente ciucciata dalle streghe, come si dice qua a Firenze. Pure il pediatra venne colto dal dubbio, e le fece rifare il test. Nuovamente negativo.
      Quest'anno peggio che mai. A Natale aveva già perso più di un mese di scuola.
      Mi impunto, e insistendo riesco ad ottenere un appuntamento a malattie infettive, dove ce la rigirano come un calzino.

      E lì si comincia a intravedere il bandolo della matassa.
      La dottoressa che la visita la prima volta, una giovane ragazza molto competente, ha lo stesso dubbio mio, e le rifa i test per la terza volta.
      Ma essendo giovane e competente, questa volta glieli fa come si deve, cioè seguendo la procedura stabilita dalle organizzazioni sanitarie, e non la semplice ricerca degli anticorpi e basta.

      Se esiste un protocollo diagnostico codificato, perché non seguirlo?
      Forse perché non lo si conosce.
      Io adesso lo conosco.
      Forse avrebbe dovuto conoscerlo anche il pediatra?

      Avete già capito com'è finita, vero?

      I nuovi test danno risultati positivi! Non posso dire di essere contenta, ma il sapere che ci può essere una spiegazione alla cagionevolezza della mia scricciola, mi provoca un po' di sollievo.

      Però... Però la dottoressa dell'ambulatorio della celiachia dell'ospedale è perplessa: la bambina non mostra i segni tipici della celiachia nell'infanzia. Aritonfa!
      "Aspettiamo" ci dice "teniamo sotto controllo la situazione, e quando/se diventerà più chiara, facciamo la gastroscopia."
      Ma io non ci casco più. Ormai ero certa che la scricciola fosse celiaca. Lo sapevo. Lo dicevano i risultati degli esami. Lo diceva il suo stato di salute. Lo sapevo come lo può sapere una mamma, celiaca, che ha sotto gli occhi sua figlia da dieci anni.

      Ho insistito, mi sono impuntata, e questa benedetta gastroscopia gliel'hanno fatta. Scrivendo nella cartella clinica che la facevano su insistenza della mamma. Come a dire "Se poi non lo è, non si venga a lamentare con noi, che l'abbiamo sottoposta a questo esame invasivo".

      Risultato? I villi erano già appiattiti, abbastanza da vederli ad occhio durante l'esame.
      Oggi è arrivata la conferma di quanto ormai già sapevamo, l'esito della biopsia.

      Lei è ragionevolmente serena. La vive quasi come un motivo in più di complicità fra noi.

      So bene che verranno i momenti bui.
      Quando alle feste non potrà mangiare niente, se non lo porterò io apposta per lei.
      Quando a scuola mangerà in modo diverso dai compagni.
      Quando le verrà precluso il pizza&birra tipico degli adolescenti, se non avrà il coraggio di esigere dagli amici di andare nelle pizzerie giuste.
      Quando più grande non troverà un cazzo (scusate!) da mangiare per sé in una città straniera.
      Quando... quando... quando...

      Però almeno io ci sono.

      È come se adesso mi si rivelasse all'improvviso il senso di questo mio compulsivo cucinare di questi ultimi anni, questo continuo sperimentare, e dolci, e pane, e pizza, e focacce, e poi ancora dolci, e ancora pane.
      Perché l'ho fatto?
      Perché mi piace cucinare, perché mi diverto, perché mi piace mangiare bene.

      Ma anche per non farmi trovare impreparata.

      Stamani mia figlia si è svegliata chiedendomi i pancakes a colazione, e glieli ho fatti, erano buoni, e lei è stata felice. Se domani vorrà i maritozzi con la panna (Grazie Vale!) in qualche modo la sfangheremo.

      Così come è felice quando si trova per merenda la piadina (presto su questi schermi) fatta dalla mamma, e tutti gli amici gliela vogliono rubare, perché è buonissima, e anche la maestra le ha chiesto la ricetta.

      Piccole gioie di una piccola neo-celiaca.

      Come questo pan carrè. Grazie Felix e Cappera, se non ci foste voi, in questa casa di gioia nel mangiare ce ne sarebbe meno. E grazie a tutte le gluten free girls, Anna..., Anna, Anna, Anna Lisa, Antonella, Concetta, Dadà, Elena, Elly, Fabiana, Francesca, Gaia, Gata, Giuky, Jelly, Laura, Marilena, Monica, Paola, Raffaella,Roberta, Sciabby, Simonetta, Sonia, la spuntina, Stefania, Stefano, Tinny, Vale, Valentina, Zori e quelle che mi sono rimaste nella penna, dalle quali ho imparato tanto, e mi piace moltissimo questa piccola comunità virtuali di cuciniere senza glutine, perché la scoperta di una diventa patrimonio di tutte, e così riusciamo a migliorare la qualità della vita non solo nostra, ma di tutte.

      pancarré senza glutine
      Questo pancarré è squisito. Di una morbidezza unica. Una specie di pan bauletto.
      E si conserva pure abbastanza bene.

      Come farina ho usato l'ormai famoso mix di farine dieterapeutiche per pani e focacce senza glutine, al quale ho apportato due piccole modifiche: ho sostituito la Pandea con la Glutafin, e il Mix B con il Bi-aglut Sfornagusto (pacco di cartone da 500g, quello nuovo).

      La ricetta è delle guru dei lievitati gluten free, Felix e Cappera.

      La riporto per completezza. Ma ci tengo a precisare in ogni modo che la ricetta è loro.

      Pancarré senza glutine
      (da questa ricetta di Felix e Cappera)
      Ingredienti

      • 415 g di mix di farine dieterapeutiche per pani e focacce senza glutine (per 500 g di mix: 280 g di Bi-Aglut Sfornagusto nuova, 120 g di farina senza glutine Coop, 100 g di Glutafin selecte (¶))
      • 200 g di acqua
      • 200 g di latte
      • 50 g di strutto (o burro)
      • 5 g di lievito di birra secco
      • 1 misurino di latte in polvere (quello per 0-6 mesi è privo di glutine per legge) (¶)
      • 10 g di zucchero
      • 10 g di sale
      Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
      Preparazione

        L'ho preparato con la mia fantastica planetaria nuova di pacca e devo dire che con gli impasti ci sa fare.

        Sciogliere il lievito secco nell'acqua tiepida, mettere in planetaria assieme alla farina e allo zucchero. Cominciare ad impastare (con la foglia a bassa velocità) e aggiungere quindi il latte (non di frigo) e il latte in polvere, e per ultimo il sale.
        Quando l'impasto è ben amalgamato aggiungere lo strutto (o il burro) a temperatura ambiente non tutto insieme, ma a piccoli pezzi, dandogli il tempo di assorbire un pezzetto prima di aggiungere l'altro.

        Continuare ad impastare per un po', finché l'impasto è ben amalgamato, omogeneo e morbido.

        Far lievitare coperto per un'oretta e mezzo, o comunque fino al raddoppio.

        Rovesciarlo sulla spianatoia infarinata, dare un paio di pieghe e formare tre palline. Metterle nello stampo da pan carré, o da plumcake (io avevo quello) imburrato e infarinato.

        Far lievitare sempre coperto un'altra oretta, dovrebbe lievitare parecchio.

        Infornare nel forno preriscaldato a 200° per una quarantina di minuti.

        Togliere dal forno e lasciar raffreddare nello stampo.

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