domenica 29 novembre 2009

Sapori autunnali: risotto con radicchio rosso

La prima settimana da incubo è finita, mi aspetta ancora la prossima poi, forse, ci daremo una calmatina. Ieri, per consolarci un po', avevamo invitato degli amici a cena. Quindi mi è toccato cucinare. Mi è toccato non è la cosa giusta da dire, visto che cucinare mi piace.

Solo che questo è un periodo faticoso, anche perché non insegno nella mia città, ma in una cittadina a una quarantina di km di distanza, quindi tutti i giorni mi tocca pure pendolare. Anche il sabato. Insomma, svegliati alle sei e mezza, fatti i tuo trequarti d'ora di macchina, stai quattr'ore in classe, ritorna, fai la spesa nel delirio del supermercato ormai pre-natalizio, cucina tutto il pomeriggio, e stai a conviviare fino alle due di notte (bambini compresi! alle volte mi domando se mangino pile nucleari, visto che di cibo per umani ne ingurgitano pochissimo), è un po' troppo. Oggi sono cotta come una mela cotta.

Però soddisfatta della cena di ieri sera. Che vi propinerò nei prossimi giorni: questa settimana sono a scuola tutti i pomeriggi, e ritornerò nel gorgo pasta al pomodoro-pasta al pesto-pasta in bianco che è stato la cifra distintiva di alcuni anni della mia vita, fortunatamente ormai alle spalle.

Da dove comincio? Ma dal primo ovviamente!

Ringrazio Stefania perché l'idea della pancetta l'ho presa da lei, precisamente qui.



Se ti piacciono i risotti, puoi dare un'occhiata anche qui:

Risotto al radicchio rosso

Ingredienti

  • 600 g di riso arborio (dopo anni di ostinato consumo di carnaroli ho deciso che per i risotti normali preferisco il banalissimo arborio)
  • un paio di cespi di radicchio rosso (io ho usato quello allungato ma a foglie avvolgenti e corpose, che credo sia il radicchio rosso di Treviso precoce)
  • 1 grossa cipolla
  • 1 porro
  • brodo vegetale (ho usato quello di dado, ma sarebbe meglio farselo. Se si usa il dado (¶))
  • 1 hg pancetta
  • conserva di pomodoro
  • olio extra vergine di oliva
  • vino bianco
  • sale
  • parmigiano
  • burro
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio e per essere consumati tranquillamente da un celiaco devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.

Preparazione

Fare un battuto con la cipolla (ci starebbe parecchio bene lo scalogno, ma non ce l'avevo in casa), tagliare a dadini piccoli la pancetta e far appassire la cipolla assieme alla pancetta in un po' d'olio. Tagliare sottile sottile il porro, aggiungerlo al battuto di cipolla e pancetta e farlo appassire.

Nel frattempo lavare il radicchio e tagliarlo a striscioline sottili sottili, e quando anche il porro è appassito mettere anche il radicchio nella pentola. Salare e aggiungere eventualmente un po' d'olio.

Lasciar appassire il radicchio. Se il tutto risultasse troppo asciutto, aggiungere un mestolo di brodo vegetale. Quando è quasi pronto, aggiungere un cucchiaio di conserva di pomodoro. Sembra che c'entri come il cavolo a merenda, ma è in quantità tale da non offuscare il sapore del radicchio, semplicemente accentua la colorazione del piatto, ma soprattutto attenua lievemente dell'amaro del radicchio, che secondo me è un po' forte per un risotto.

Versare il riso nella pentola, sfumare con un bicchiere di vino bianco e far cuocere normalmente, aggiungengo via via mestoli di brodo bollente.

Quando è giunto a cottura, ma un po' al dente, aggiustare di sale aggiungere una noce di burro, un pugno di parmigiano grattugiato, mescolare bene e lasciar riposare cinque minuti incoperchiato.

Quando faccio il risotto ne faccio sempre una dose molto abbondante (ieri eravamo quattro adulti + quattro bambini e ho buttato 850 g di riso) perché ci piace molto mangiarlo anche il giorno dopo, senza aggiungere assolutamente né uova né altro, cotto in una padella unta con un filo d'olio. Credo si dica risotto al salto, si dica come si dica a noi piace quasi più che la sera precedente.


giovedì 26 novembre 2009

Ancora pane senza glutine (con le patate)

Settimana da incubo, e anche la prossima non si prospetta da meno. Consigli di classe, programmazioni, ricevimenti pomeridiani dei genitori.
Come se non bastasse, due pargoli che sono stati malati fino ad oggi, destabilizzando gli equilibri familiari (mai provato ad avere un pargolo seienne scatenato costretto in casa per quasi due settimane? il blog di cucina ne risente... e non solo quello).

Però, cascasse il mondo, il pane una volta alla settimana lo faccio. E quindi lo pubblico, anche se a mezzanotte.

Ovviamente, coerentemente con la settimana, sto pane mica è venuto un granché... Avevo fretta, e non ci avevo la testa.

1) Che si mettono delle patate in un pane integrale? Che c'azzecca?, direbbe qualcuno. In effetti ci azzecca pochissimo, però avevo in casa questa farina qui, e morivo dalla voglia di sperimentare il pane con le patate. Che viene buono, morbido, ma lo vedo meglio con la farina bianca.

2) Che si mette il sale sulla treccia di pane integrale con le patate? E per di più ce l'ho messa prima dell'ultima lievitazione. Già durante la lievitazione, con tutto quell'umidiccio, il sale si era mezzo sciolto, figuriamoci poi nei giorni successivi, che il pane con le patate è umido di suo...

Insomma, se vogliamo dirla tutta un mezzo disastro. Però dato che l'idea è buona, SE si evita la farina scura e SE si evita di metterci il sale sopra, ve lo propino lo stesso. Per questa settimana non credo proprio di riuscire a tirare fuori niente di meglio.

E poi essendo questo un blog sperimentale, mi sembra utile segnalare, e testimoniare, anche gli errori, no?

Aggiungo che anche in questa ricetta c'è un piccolo segreto di quelli che ci hanno detto al corso, che se li mettessi tutti in fila in un post sarebbe meglio (che ideona!).

Ah... il corso... lunedì prossimo finisce, ma pare che ci sia un sequel a gennaio, nel quale ad insegnarci a cucinare dovrebbe venire un vero chef esperto di farine naturali senza glutine! E dovrebbe insegnarci ad usare proprio queste farine, dal riso glutinoso al miglio, dai ceci alle varie farine di mais. Inutile dire che non vedo l'ora!



Pane senza glutine con le patate
Ingredienti
  • 500 g di farina senza glutine (ho usato quella per il pane rustico della Schar, ma qui ci starebbe molto meglio una farina bianca)
  • 500 cc di acqua tiepida
  • 1 cucchiaino di zucchero
  • 1 cucchiaino di aceto
  • 1 cucchiaino di sale
  • due cucchiai di olio EVO
  • 1 cubetto di 25 g di lievito
  • 1 patata lessa di media dimensione
Preparazione
In una ciotola capiente (poi ci si dovrà fare l'impasto del pane) sciogliere il lievito in circa 200cc di acqua tiepida assieme al cucchiaio di zucchero e a due cucchiaiate di farina. Quando fa la schiumetta, aggiungere l'altra acqua (lasciarne da pace circa 50cc, perché non tutte le farine assorbono la stessa quantità di acqua, che cambia anche a seconda delle condizioni climatiche), e la farina. Rimestare un po' con il mestolo, quindi aggiungere l'aceto, l'olio, il sale, nonché la patata lessa precedentemente passata allo schiacciapatate (qui c'è il terzo errore che ho commesso: avevo fretta e la patate l'ho schiacciata con una forchetta, ma non viene la stessa cosa, resta granulosa e si amalgama male al composto). Mescolare bene. Deve rimanere una pastella piuttosto appiccicosa.
Far lievitare al calduccio finché non raddoppia.
Reimpastarla e farla lievitare di nuovo.
Rovesciare quindi l'impasto sulla spianatoia infarinata molto bene, aiutarsi con una spatola da pane (una spatola di plastica a forma di semicerchio, apposta per maneggiare impasti lievitati) per impastare ancora velocemente l'impasto, togliere una noce di impasto e formare le pagnotte, che verranno trasferite nella teglia rivestita di carta da forno.
La noce di impasto va messa in un bicchier d'acqua. Quando sale in superficie vuol dire che le pagnotte sono al punto giusto, e possono migrare in forno, che ovviamente avremo preriscaldato a circa 200/220° (questo dipende molto dal forno).
Far cuocere le pagnotte per 45/60 minuti.
Il pane di patate ha il vantaggio di essere molto morbido e di conservarsi edibile per parecchi giorni.
P.S. Pubblico una foto (orripilante) della spatola per il pane, per chi non avesse idea di cosa eventualmente cercare.

domenica 22 novembre 2009

Un cake, le farine senza glutine e la lievitazione


Urge tornare a più delicati argomenti dopo l'ultimo post pulp
che ho pubblicato, se no perdo pure i cinque lettori che ho.

Cercherò di farmi perdonare con un post dallo stile asettico, in cui emergono la mia formazione scientifica e il mio approccio analitico.

Casca a fagiolo questa ricettina, che fa tesoro di alcune cose che ho imparato in questi sei mesi di cucina gluten free.

La prima è che le farine senza glutine sono birbone, mentre le lavori fanno un sacco di fatica ad assorbire i liquidi, ma poi, quando l'oggetto è pronto, tende a seccare più velocemente dell'omologo con glutine.

La seconda riguarda riguarda i grassi: il burro non è il grasso più adatto per queste farine, se si devono fare dei lievitati, perché tende a renderli troppo friabili e troppo asciutti, meglio l'olio che mantiene meglio l'umidità.

La terza è sulla lievitazione: sia nei pani che nei dolci la lievitazione è favorita dai derivati del latte, tipo lo yogurth e il latticello (vedi qui e qui), che aiutano a mantenere la morbidezza dell'impasto.

Mettendo assieme tutte queste osservazioni poco teoriche e molto sperimentali, alcune ricette di famiglia e un suggerimento che ho tirato fuori dal mitico "La cucina di casa" dell'Annalisa Barbagli, è saltata fuori questa ricetta, che mi ha dato gran soddisfazione.




Dolce all'arancia e latticello senza glutine
Ingredienti
  • 250 g di mix per dolci lievitati (170 g di farina finissima di riso + 50 g di fecola di patate +30 g di amido di tapioca, oppure un mix per dolci lievitati già pronto) (¶) 
  • 50 g di farina di grano saraceno (¶)
  • 100 ml di olio di semi
  • 200 ml di latticello**
  • 150 g di zucchero di canna mascobado
  • 50 g di zucchero semolato bianco
  • 2 uova
  • 1 bustina di lievito per dolci (¶)
  • un paio di arance
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio e per essere consumati tranquillamente da un celiaco devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.
**  Se non si ha il latticello a disposizione, si può mescolare metà yogurt e metà latte.
 
Preparazione
Questo dolce può essere realizzato in due formati: formato plumcake (viene più compatto e umido, dimensioni 11 x 25 cm) o formato ciambella (viene più ariosa e lievita maggiormente, 23 cm di diametro). Insomma scegliete voi come farlo, l'importante è che imburriate e infariniate questo benedetto stampo.
Nel frattempo setacciate le farine con il lievito, e aggiungetevi: i due zuccheri, il latticello (va bene anche lo yogurth), le uova, l'olio, le bucce delle arance grattate. Mescolare il tutto. La consistenza dell'impasto dev'essere piuttosto liquidosa, se dovesse risultare troppo sodo aggiungere un po' di latte o, eventualmente un po' di succo delle arance.

Versare il composto nello stampo e far cuocere nel forno pre-riscaldato a 180° per una quarantina di minuti. Fare la prova stecchino ma senza aspettare che lo stecchino sia proprio asciutto asciutto.

Nel frattempo si saranno spremute le arance (se è una grossa arancia succosa, ne basterà una).

Lasciar riposare cinque minuti nel forno spento, quindi tirarlo fuori e fare una serie di fori con uno spiedino sulla superficie del dolce, nei quali si farà colare il succo delle arance.

Il risultato è un dolce molto profumato, dalla superficie vagamente caramellosa, umido all'interno e con un marcato sapore di arancia.



Le migliori ricette del 2009

venerdì 20 novembre 2009

La Gaia celiaca à la campagne (non per stomaci deboli)

Decidi di entrare in un G.A.S. per motivazioni varie, che vanno dall'ideologico post-comunista con tendenze no-global, al salutista ecologico paladino dell'ambiente, ci metti di mezzo il desiderio più che legittimo di far mangiare cose più salutari ai tuoi figli, insomma, un minestrone molto misto nel quale il caso, come sempre nella mia vita, gioca un ruolo men che... casuale.

Sono dieci anni che sento parlare dei G.A.S., e mai mi ero risolta a fare il passo, in parte per pigrizia ma anche per un sottile cinismo che mi porta a considerare inutili la gran parte dei gesti. Poi vado a una vendemmia in campagna, parlo con una persona che non avevo mai visto prima (ciao Luca!) e dal giorno successivo sono GASeuse, o GASista che dir si voglia, e vengo travolta in una girandola di incontri in vari angoli della città per ritirare oggi una cassa di mele, domani cinque chili di carne, ieri un chilo di parmigiano. Questi incontri si svolgono sempre in orario serale, per conciliare le esigenze GASiche con quelle della vita di tutti i giorni, e hanno un che di carbonaro, con questo scambio di sacchetti, casse e pacchettini (ma tutti rigorosamente accompagnati dalla relativa fattura, perché siamo un G.A.S. che non vuole indurre all'evasione fiscale) fra il furtivo e il compiaciuto.

È divertente, un po' brigoso, ma fino a ieri non ha sconvolto la mia vita.

Fino a ieri.

Fino a quando non ho deciso di ordinare un pollo. Niente di particolare, un polletto ruspante, del contadino, che già ne pregustavo la carne un po' duretta (e sai benissimo che i tuoi figli non la vorranno nemmeno assaggiare) ma saporita, piena di effluvi, che so che mi riporterà dritta dritta nella cucina di mia nonna, quella della pasta fatta in casa e tricche e ballacche.

Perché ovviamente la nonna aveva le galline, le allevava lei, ma vive però, non virtuali come quelle di Farmville. Coglieva le loro uova, e, alla bisogna, con molta naturalezza, gli tirava pure il collo. Me lo ricordo benissimo l'attrezzo, un imbuto di metallo con la parte più stretta rivolta verso il basso, che era affisso al muro del pollaio. Quando la nonna voleva fare il pollo arrosto, scendeva giù nel pollaio, acchiappava il prescelto, e senza tante storie lo infilava a testa in giù nella macchina della morte, incurante delle rumorose e agitate proteste del malcapitato. Lo afferrava per il collo, e tirava verso il basso con un colpo secco, letale. Fine. Kaput! Il pollo non era più fra noi. O meglio, lo sarebbe stato alcune ore dopo, in versione meno rumorosa e mobile, ma decisamente più decorosa e nobile, nel forno prima e in tavola poi.

Fra il pollaio e il nostro desco c'erano tutta una serie di operazioni, la spennatura, la pulitura, e tante altre -ure di cui ho un ricordo vago e indistinto.

So solo che mia nonna si è sempre rifiutata di comprare un pollo dal macellaio o altrove, perché era molto schifiltosa, e a suo avviso nessun pollo comprato era pulito bene, e si fidava solo di quelli che ammazzava e puliva lei.

Io invece no.

E quando stasera mi sono trovata davanti il mio pollo ruspante biologico allevato a terra che fino a ieri razzolava nei prati è stato un duro colpo. Non tanto perché sia animalista convinta, ma proprio perché è venuta a galla tutta la mia incompetenza su polli veri e dintorni. Mi faceva senso. Mi sono lavata ventisette volte le mani dopo averlo toccato. E gli ho dovuto pure tagliare il collo. E le zampe. E controllare che fosse ben eviscerato (sospiro di sollievo, direi che era eviscerato... se bene o male non so dirlo). E lavarlo. E fiammeggiarlo per togliere le ultime piumette rimaste... Da quando in qua i polli hanno le penne? E le zampe? E i bargigli?

Ma i polli da mangiare non erano quelle cose di forma più o meno ovale gialline pallide, dentro dei contenitori di plastica? Gli altri, quelli vivi, che razzolano a terra etc etc etc mica sono per mangiare. Sono per bellezza. Per appagare il nostro senso estetico e l'amore per la campagna.

Non vorrete mica che mangi un pollo che aveva una testa e degli occhi e razzolava per terra e chissà quanti batteri stanno invadendo il mio frigorifero. E poi la testa. E gli occhi.

No, questo pollo non so proprio se lo mangerò. Certo mi ha segnato.

lunedì 16 novembre 2009

Zucche, zucche, zucche, tante zucche (e risi)

In questo periodo sono preda di zucchite acuta.
Al supermercato "E vai con la zucca", al mercato "Ma si, mi dia un po' di zucca". Pure al mio GAS vorrei comprare la zucca, ma ancora non abbiamo deciso il fornitore per le verdure quindi su questo versante passo, anche se con un certo dispiacere.
E in cucina.... vellutate, pani, dolci, ma soprattutto la zucca al forno così come l'ha suggerita la mia omonima di Profumo di mamma, buonissima e svelta che è un piacere.

Devo aver esagerato, così ieri sera ne era avanzata un bel po'.

"Non si può buttare, è un sacrilegio buttare il cibo" "Non ti provare a propinarcela anche domani..." "Si mamma, il babbo ha ragione, basta zucca"

"Va bene, per qualche giorno zucca al forno basta... ma di questa, cosa ne faccio?"

Elementare Watson, un risotto. Che c'è di meglio di un bel risotto, ovviamente naturally gluten free?

E infatti, eccolo qua!

Se ti piacciono i risotti, puoi dare un'occhiata anche qui:

Risotto alla zucca

Ingredienti

  • 320 g di riso arborio o carnaroli
  • 350 g di zucca (circa...)
  • 1 cipolla gialla (io ho usato uno scalogno grossotto)
  • qualche pomodorino ciliegia
  • parmigiano reggiano
  • salamoia bolognese (mix di sale, aglio, rosmarino e salvia tritati)
  • noce moscata
  • brodo vegetale (rigorosamente fatto in casa ma se è di dado non verrete messi alla gogna per questo... io lo uso spesso, ovviamente (¶))
  • vino bianco
  • burro
  • olio di oliva
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.

Preparazione

Sbucciare la zucca e tagliarla a fette alte un dito. Ungere lievemente una placca da forno e disporvi le fette di zucca, alternate a qualche pomodorino. Salare con il sale aromatizzato e infornare nel forno a 200° finché la zucca non diventa morbida. A questo punto togliere le verdure dal forno e passarle al setaccio (io le passo al mixer).

Nel frattempo si sarà preparato il brodo vegetale, e si sarà fatta appassire la cipolla tritata in un po' d'olio. Quando la cipolla è appassita ma non imbiondita, ci si aggiungono le verdure passate, si fanno insaporire per qualche secondo, si aggiusta di sale e vi si butta il riso.

Dopo aver mescolato il tutto, si bagna con un bicchiere di vino bianco e poi si prepara il risotto come al solito, mescolando e aggiungendo via via il brodo.

Quando il risotto è quasi pronto, si spegne il fuoco sotto e vi si aggiunge una noce di burro e una manciata di parmigiano, e si fa mantecare. All'ultimo una generosa grattugiata di noce moscata, una mescolatina e via in tavola.

Io non sono una di quelle da maestrie dell'impiattamento, per le cene familiari poi non ne parliamo, ma se proprio volete farla sciccosa potete mettere il risotto in delle ciotoline e sformarle direttamente nei piatti come da foto.

domenica 15 novembre 2009

Apologia della zdaura

tagliatelle
In 43 anni di vita, una zia cuoca, una nonna massaia emiliana doc, non ho mai imparato a fare la pasta in casa. O, come si dice a casa, la spóia (sfoglia per i non emiliani), dove le ultime due lettere scappano via veloci, come se ti volessero mandar dritta in cucina, a tirare quei lenzuoli infiniti su spianatoie enormi con mattarelli più alti di me.

Me le ricordo ancora, le sfoglie di mia nonna, 10, 12 uova, non so in realtà quante fossero: seppur sottilissime, erano così elastiche da non rompersi mai, e ne uscivano, come per magia, distese di tagliatelle, quantitativi industriali di sublimi tortellini, alla cui preparazione partecipavano, in uno scambio naturalmente solidale, tutte le donne del vicinato. Alla fine, con i ritagli non più utilizzabili, i maltagliati per la pasta e fagioli e i quadrucci, per le minestrine delle serate d'inverno.

Mia nonna non c'è più, mia zia ha quasi ottant'anni e, bontà sua, si è stufata di tirare lenzuoli di sfoglia per tutta la famiglia, insomma, questo testimone sembrava non essere passato, come molti altri purtroppo.

Poi, sono diventata celiaca. Ovvero la sagra dell'impossibile. E, come ho scritto fino alla nausea, si sono attivate risorse che non credevo di avere. E adesso questo corso di cucina per celiaci.

Insomma, per farla breve, ho osato con queste farinacce senza glutine ciò che non avevo mai osato avendo a disposizione quintali di farine glutinose, semole, 0 e 00, integrali, kamut, e chi più ne ha più ne metta.

Ho cominciato domenica scorsa, in un weekend che, durato poche ore (io il sabato mattina lavoro) è stato un'orgia culinaria, a partire dalla crostata di mandorle e mele di Adriano Continisio che durante la settimana è stata più volte rammentata con venerazione.

E così domenica sera a cena, tagliatelle fumanti al ragù.

E stasera, tornata alle sette e mezza, avevo nel frigo un brodo buono di ieri sera (ristrettissimo a causa di un addormentamento imprevisto mentre facevo le coccole serali ai bambini). Potevo sprecarlo con degli orribili ditalini senza glutine e pure senza uova? Sì, perché a me la banalissima minestrina, sarà per quei ricordi d'infanzia, piace eccome, ma mi piace solo e soltanto con la pastina all'uovo.

E anche se erano ormai le sette e mezza - qui si mangia con le galline perché i bambini vanno a scuola presto e le grandi pure - ho pensato bene di impastare un paio di uova con un par d'etti di farina, e fare i quadrucci che mi faceva la mia nonna da piccola. Oddio, non proprio quelli, perché la mia farina Mix it! non è nemmen parente di quella che usava lei, e la mia sfoglia è alta il doppio ma, come si dice, bisogna sapersi accontentare.

quadrucci
Questa in realtà è una non ricetta, perché che la sfoglia si fa con un uovo per ogni etto di farina lo sanno tutti da che mondo è mondo, ma la pubblico lo stesso, non foss'altro per omaggiare le zdaure (massaie emiliane) da cui provengo.

La pasta all'uovo (la spóia)

Ingredienti (per ogni commensale)

  • 100 g di farina senza glutine
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino di olio di oliva

Preparazione

Sulla spianatoia fare una fontana con la farina, e romperci nel mezzo le uova, a temperatura ambiente.

Rompere le uova e incorporarvi via via la farina con un movimento circolare. Aggiungere eventualmente un po' d'olio (questo mia nonna con cavolo che ce lo metteva, ma le maestre celiache dicono che aiuta a mantenere l'elasticità). Cominciare a impastare col tipico movimento da zdaura quando tutte le uova sono grossolanamente amalgamate, finché non si ottiene un impasto omogeneo ed elastico.

Stendere col mattarello una sfoglia il più possibile omogenea e sottile. Usarla come piace.

Ovviamente per la minestrina in brodo la dose non è un etto di farina a commensale ma molta meno: stasera con un etto di farina ci abbiamo mangiato io e i bambini (mio marito no, disdegna, povero lui! la minestrina).

mercoledì 11 novembre 2009

Pane senza glutine speziato al latticello

Continua la mia ossessione per il pane.

Al corso di cucina celiachia organizzato dall'Associazione Italiana Celiachia di Firenze a cui sto partecipando, lunedì c'è stata la serata di panificazione DOP.

C'era la signora Edda, esperta di pane gluten free, così esperta da essere riuscita a fare una pasta madre con farine senza glutine (impresa che a mio avviso ha del sovrumano). Dice che all'ultima lezione del corse ce ne darà un preziosissimo vasetto ciascuno... fosse vero!!!!

Insomma, costei ha spiegato come fare il pane senza glutine che, per ottenere una lievitazione e una consistenza simile a quella del pane normale, va fatto in modo del tutto diverso. E l'ha fatto insieme ai corsisti, illustrando le tecniche, i metodi, i trucchi.

Una meraviglia, no? No, per niente, perché io non c'ero. Sono stata costretta a saltare la più importante serata del corso, dopo essere riuscita a piazzare i pargoli da mia madre, compresa la piccola influenzata perché... avevo pure io la febbre! Accidenti, o meglio @$$!!!&&#§§£$%&!!!!!!!!!!
Sarei andata lo stesso, ma di questi tempi non mi pareva proprio corretto andare a fare l'untrice di virus grugnenti solo per soddisfare il mio folle desiderio di panificare.
Sorvoliamo sul fatto che la mattina dopo di febbre non v'era neppure traccia, insomma, oltre al danno, la beffa!!!!!

Fortuna che la mia farmacista partecipa anche lei al corso, quindi oggi, con una scusa qualsiasi, mi sono precipitata in farmacia... e mi sono fatta spiegare per filo e per segno, con altri avventori dietro di me che stavano diventando nervosi, cosa aveva detto la mitica signora Edda.

E ho scoperto varie cose: che il pane senza glutine deve avere un impasto molto più liquido del pane normale, così liquido che non sta ritto da solo, e infatti va impastato con un mestolo in una scodella (in effetti di questa cosa mi ero accorta anch'io, nel senso che le farine senza glutine assorbono un sacco d'acqua, e lo fanno su tempi lenti, cosicché i lievitati tendono a diventare secchi molto velocemente), che la lievitazione diretta non va bene, ma che ci vuole il lievitino/biga/poolish, e che per sapere quando è giunto il momento di infornare bisogna mettere una pallina dell'ultimo impasto nell'acqua e aspettare che venga a galla (e questo lo sapevo già, c'era scritto in uno dei libri che ho letto ultimamente sul pane, ne avevo già parlato qui).

Insomma, non ho resistito, e ci ho provato. Mettendo assieme la voglia di fare il pane sempre meglio e quella di usare il latticello, che sembrava proprio l'ingrediente del giorno.

Alla fin fine, fra muffins, cake speziati e panbrioche non sapevo più cosa scegliere, e ho fatto un banalissimo pane... ispirandomi un po' alla ricetta che ho trovato nel ricettario della macchina del pane (che non uso mai) della LIDL :-)

Ed ecco cosa è venuto fuori. Le dosi sono un tanto al chilo, perché quando si parla di pane è difficile essere precisi al milligrammo.


Pane senza glutine speziato al latticello

Ingredienti
  • 550 g di farina senza glutine (¶)
  • 50g di farina di grano saraceno (¶)
  • 1 cucchiaino da té di zucchero
  • 1 cucchiaino da té di sale
  • 25 g di lievito di birra
  • 300 g circa di latticello
  • acqua (circa 200 cc sciogliere il lievito di birra)
  • 1 cucchiaino di coriandolo macinato
  • 2 cucchiaini di finocchio macinato
  • 1 cucchiaio di semi di lino tritati
  • 1 cucchiaio di semi di girasole tritati
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio e per essere consumati tranquillamente da un celiaco devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.
Preparazione
Sciogliere il lievito di birra in circa 200cc di acqua tiepida aggiungendo un cucchiaino di zucchero e un paio di cucchiai di farina. Aspettare che faccia la schiuma.
In una ciotola versare quasi tutta la farina e il latticello. Deve risultare un impasto molto appiccicoso, che non si lavora con le mani. Iniziare a mescolare con un mestolo, quindi aggiungere il sale. Lasciar riposare coperto finché non raddoppia di volume.
A questo punto aggiungere le spezie e i semi macinati, un altro po' di farina e rimescolare con il mestolo finché non è ben amalgamato.
Far nuovamente lievitare finché non raddoppia.
A questo punto rovesciare l'impasto sulla spianatoia molto infarinata e dividerlo con una spatola in tante parti quante pagnotte si vogliono fare. Cercare di dare una forma accettabile alle pagnotte arrotolandole su se stesse, quindi spostarle in una teglia coperta di carta da forno.
Questo è il momento peggiore della preparazione: sulla teglia da forno avrete delle cose informi, tutte spaparanzate, e avrete perso ogni speranza di ottenere un pane decente. Mai perdere la speranza!!!

Lasciare un po' lievitare questi blob informi (aspettare per infornarle che una pallina dell'impasto immersa in acqua salga in superficie).

Infornare nel forno preriscaldato a 200° e anche più, nel quale avrete avuto cura di mettere un ciotolino con un po' d'acqua.

Dopo una ventina di minuti abbassare il forno a 180°.

Come per miracolo, questi blob cresceranno, si ricomporranno come signore eleganti colte in fragrante, e diventeranno la pagnotte che vedete nella foto.

Ma la cosa bella è che qualche ora dopo averle tolte dal forno saranno ancora morbide, elastiche, di quell'elasticità tipica del pane con glutine, che pensavo perduta per sempre.

Non so se sia merito del latticello, della signora Edda, della farmacista o degli ormoni nell'aria, ma questo è stato veramente un buon risultato.

Vado a mangiarne una fettina prima di andare a nanna...

Un unico dubbio: ci metto il miele o la marmellata?
Con questa ricetta partecipo alla raccolta di La casa di Betty - Basta un poco di lievito

martedì 10 novembre 2009

Tatawelo... un caffé che profuma di dignità

Oggi non pubblicherò una ricetta, ma parlerò di un'esperienza che sto vivendo comunque legata all'alimentazione, anche se da un altro punto di vista.

Sono da poco entrata a far parte di un G.A.S. (gruppo di acquisto solidale).
Sui GAS si è detto e scritto molto, per saperne di più potete sbirciare il sito della rete dei GAS italiani, Retegas, oppure leggervi questo sintetico articolo.

Premetto subito che si tratta di un'attività abbastanza impegnativa, ma anche per questo dà notevoli soddisfazioni.

Il Gas di cui faccio parte è nato da poco, e composto da pochi membri. Ognuno di noi è referente per un prodotto e si impegna a cercare nuovi produttori, al fine di riuscire ad aumentare sempre di più il numero di prodotti che vengono acquistati tramite il GAS.

Si tratta di un commercio equo, che vuole premiare i piccoli produttori che decidono di scegliere il biologico, l'ecosostenibile e a svolgere la propria attività in modo ecologicamente compatibile e rispettoso dei diritti dei lavoratori.

Chi ne fa parte ha la piacevolissima sensazione di opporsi ad un modo di produrre e consumare che mette a repentaglio la sopravvivenza del pianeta, e al contempo riesce a comprare a prezzi abbordabili prodotti biologici e buoni, salvaguardando così la salute della propria famiglia. Ultimamente ho comprato del pecorino bio prodotto in Garfagnana, del parmigiano bio, della carne bio proveniente dal Mugello, delle mele bio sempre mugellane, e molte altre cose. Tutti cibi buoni, finalmente sani e che non mi sarei potuta permettere se avessi dovuto passare attraverso i canali normali del commercio.

Un modo per farsi del bene facendo del bene anche alla collettività.

Questo costa, soprattutto in termini di impegno e tempo. Implica ritagliarsi del tempo per partecipare alle riunioni, per cercare nuovi produttori, per andare a ritirare i prodotti acquistati. Ma alla fine quanto tempo perdiamo per andare al supermercato, o per girellare su internet, o per fare mille altre imposte da un modello di vita che ci obbliga continuamente a consumare, consumare, consumare?

Io nel nostro GAS sono referente per il caffé. Lo compriamo dall'associazione Tatawelo.
Riporto direttamente quello che è scritto nel sito dell'associazione Tatawelo:
Il Tatawelo Café Excelente proviene per il 60% dalle comunità zapatiste del Chiapas e per il 40% da altre piccole cooperative del centro America, in una ottica di reciproca integrazione di progetti con finalità analoghe, per facilitare lo scambio e la diffusione delle esperienze.

Il Tatawelo Café Excelente è 100% arabica, tostato a legna, con tostatura artigianale, dalla coop Pausa Cafè nella casa circondariale "Lorusso e Cotugno" di Torino dove vengono offerti ai detenuti percorsi di reinserimento sociale e lavorativo.

Di questi tempi è in corso la campagna di pre-finanziamento: praticamente si ordina e si paga ora il caffé del raccolto 2010, che verrà quindi consegnato in estate. Noi facciamo il piccolo sforzo di anticipare la cifra, e questo rende possibile alla cooperativa che lo produce di avviare la produzione del prossimo raccolto. Un modo ancora più forte di sostenere il loro lavoro.

Uno degli aspetti che mi ha subito colpito del mondo GAS è che questo piccolo atto quotidiano di scegliere un altro modo di comprare si porta dietro tutta una serie di conseguenze rivoluzionarie, con un effetto domino. Prima di tutto ti costringe a pensare in modo critico a tutto ciò che compri, all'atto stesso del comprare. E poi crea delle reti alternative. I GAS, pur nella loro autonomia, tendono ad associarsi, per rendere più incisiva la propria azione, e questo favorisce ulteriormente un diverso modello di sviluppo. Le persone che fanno parte dei GAS si parlano, e imparano gli uni dagli altri. Insomma, alla fine un'esperienza che sembra limitata ad una sfera specifica e apparentemente marginale della propria vita, costringe a mettere in discussione il proprio stile di vita, e, cosa ancora più importante, a farlo in modo sociale, collettivo.

Se uno legge la lista dei sostenitori della campagna di pre-finanziamento 2009 del caffé Tatawelo vede che si tratta per lo più di GAS sparsi in tutta la penisola. Senza i GAS, forse la cooperativa che produce il caffé Tatawelo non esisterebbe, e molte famiglie vivrebbero una vita meno dignitosa. Mi sembra già un buon motivo per essere contenta di far partire del mio piccolo GAS del centro di Firenze.

domenica 8 novembre 2009

Crostata di mele e mandorle di Adriano Continisio senza glutine


Perchè oggi 8 novembre 2009 molti food bloggers e forumisti pubblicano in contemporanea questa ricetta?

Per solidarietà con Adriano Continisio che l'ha inventata e pubblicata sul suo blog Profumo di lievito già nel 2007.

Riassumendolo in pochissime parole, questa manifestazione vuole porre l'attenzione prima di tutto sulla necessità di un comportamento corretto per chi usa la rete nei confronti di chi pubblica materiale. Spesso si sceglie di mettere a disposizione il proprio materiale o lavoro con una licenza che permette di usarlo a condizione che se ne citi la fonte e questo è già un dono, a nostro avviso. Si dice a chi legge: puoi gratuitamente utilizzare il materiale, puoi prenderlo, ma devi specificare che è mio e dire dove l'hai preso. Non è chiedere molto!

Altra importante condizione è che il materiale non venga usato a scopo di lucro.

Quando tutte e due le condizioni non vengono rispettate è evidente che la cosa è ancor più grave.

Questa volta è capitato ad Adriano, ma nel tempo è già capitato ad altri. Creare un tam tam è forse il primo di tanti passi per avversare il fenomeno, perciò ci siamo uniti e oggi pubblichiamo con il nome del suo autore la ricetta e la foto della crostata che ognuno di noi ha preparato.

Per chi non conosce l'antefatto la storia è su Profumo di Lievito, il blog di Adriano e su Tzatziki a colazione, mentre questa iniziativa è stata ideata da Rosemarie & Thyme.



Crostata di mele e mandorle di Adriano Continisio (versione gluten free)

Ingredienti
  • 400 g di pasta frolla*
  • 4 mele grandi (ca. 600gr al netto degli scarti)
  • 80 gr di zucchero**
  • 4 cucchiai di amaretto di saronno***
  • succo di mezzo limone
  • poca cannella in polvere
Massa di mandorle:
  • 120 gr uova intere
  • 60 gr zucchero**
  • 50 gr farina di mandorle (¶)
  • 15 gr farina di mais fioretto (¶)
  • 15gr di fecola (¶)
  • un pizzico di sale
  • estratto di mandorle*** (¶)
  • una manciata di mandorle a lamelle
  • sciroppo di zucchero
  • marmellata di albicocche (¶)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.
Preparazione
Saltare a fiamma alta le mele sbucciate e tagliate a cubetti, miscelate con il succo di limone e lo zucchero, fino a che non risultino asciutte ma non spappolate. Incorporare il liquore e la cannella e lasciare raffreddare.

Foderare uno stampo da 26 cm e cuocere in bianco per 15 minuti (i primi 10 con carta da forno e riso).

Nel frattempo montare le uova con lo zucchero ed il sale, incorporare delicatamente le polveri e poche gocce di estratto.

Pennellare la frolla con poca marmellata, versare le mele, coprire con la massa e cospargere con le mandorle a filetti.

In forno a 170° per ca. 20 minuti.

All'uscita dal forno lucidare con sciroppo a 30°be.

* Come ricetta della pasta frolla chi non è celiaco può usare quella dello stesso Adriano, la pasta frolla.
Per chi ha problemi di celiachia usato la ricetta senza glutine che uso abitualmente, che potete trovare qui esattamente nelle stesse proporzioni. In questa ricetta ho però sostituito la cannella con la buccia di limone grattugiata come aroma.
** Ho ridotto lo zucchero perché non amo i dolci troppo zuccherati, da 80 g a 60 g per le mele e da 60 g a 50g per la massa di mandorle.

***Avendo problemi a reperire gli aromi citati senza glutine, ho sostituito l'amaretto di Saronno con il brandy nelle mele, e togliendolo semplicemente dalla massa.

Pur con queste modifiche, necessarie a rendere questo dolce completamente gluten-free (e comunque la ricetta originaria era già sulla buona strada), è venuto meraviglioso!!!!

P.S. Ci tengo ad aggiungere una foto, bruttissima, dell'ultima fetta di torta rimasta a fine cena. Sottolineo le dimensioni del piattino, da caffé. Anche questa fetta è finita prima dello spuntar dell'alba successiva: me la sono mangiata senza ritegno da sola, a notte fonda, mentre rimettevo la cucina, malgrado la mia coscienza ci tenesse molto che io la lasciassi per colazione. Non c'è stato verso, la tentazione ha vinto (come quasi sempre, peraltro...)

venerdì 6 novembre 2009

Muffins di mele senza glutine a quattro mani

Strane coincidenze: venerdì scorso Stefania ha pubblicato la sua ricetta dei muffins di mele, e quando ho letto il suo post, avevo appena sfornato... una teglia di muffins alle mele, che provvedo a pubblicare sia pure in ritardo.


Ci tengo a dare un'indicazione: i muffins senza glutine vanno cotti poco, perché le farine gluten free tendono a seccare facilmente, e un muffin secco non è cosa che vada bene. E, mi raccomando, l'impasto va mescolato poco, a costo di lasciarlo granuloso.

Questa ricetta è la mia libera interpretazione delle ricette che ho trovato in due libri: Muffins e dolcetti americani della Demetra e l'immancabile, mitico e affidabilissimo "La cucina di casa" dell'Annalisa Barbagli.
P.S. Ringrazio mia figlia per avermi aiutato a realizzare questa ricetta e a scriverla con molta pazienza! Grazie tesoro!

Muffins alle mele senza glutine
Ingredienti
  • 300 g di farina senza glutine (¶)
  • 100 g di burro
  • 2 cucchiai di miele
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 3 mele Golden
  • 3/4 di tazza di latte
  • 2 uova
  • 1 cucchiaio di lievito per dolci (¶)
  • cannella
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.
Preparazione
Imburrare abbondantemente e infarinare una teglia da muffins (io ne ho usata una da 12 piccoli muffins).
Far fondere il miele con il burro a fiamma bassissima.
In una ciotola sbattere le uova con il latte. Setacciare la farina con il lievito e aggiungere lo zucchero e un cucchiaio abbondante di cannella, meglio se macinata al momento.
Sbucciare le mele e tagliarle a dadini.
Aggiungere le mele, il miscuglio di latte e uova ed infine il miele fuso col burro agli ingredienti secchi e mescolare il tutto velocemente.
Versare l'impasto nella teglia da muffins e far cuocere nel forno preriscaldato a 180° per 10/15 minuti, finché sono dorati ma ancora un po' umidi.
Servire tiepidi.

Dimenticavo di dire... che con questa ricetta partecipo alla raccolta Muffins mania di Pandipanna.

mercoledì 4 novembre 2009

Geroglifici sablés...


Periodicamente sono preda di attacchi di mammite salutista e anticonsumista, e deciso che per i miei figli basta biscotti comprati, basta pangoccioli, basta schiacciata del fornaio... voglio fare tutto io, in casa: loro mangerebbero più sano (assicurato), si risparmierebbe e soprattutto... sai che soddisfazione!
Questi entusiasmi durano poco, e tragicamente si infrangono sul gusto dei pargoli che, ormai traviati da anni di gocciole e bucaneve industriali, ahime! li preferiscono alle mie prelibatezze...
Una delle poche cose dolci sulle quali vado però sul sicuro sono i biscotti, o sablés, o come li volete chiamare, complici anche le mille forme che abbiamo, che ci potremmo inventare appunto un nuovo alfabeto geroglifico, e il fatto di farli tutti assieme.
Ognuno con il suo grembiule, ad impastare, tagliare, e soprattutto mangiare, la pasta frolla cruda che farà pure male ma da generazioni grandi e piccini la rubacchiano alla mamme e non è mai morto nessuno per questo!


Biscotti sablés senza glutine
Ingredienti
  • 150 g di farina di riso (¶)
  • 75 d di farina di mais fioretto (¶)
  • 90 g di zucchero semolato
  • 90 g di burro
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
  • cannella (¶)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia.
Preparazione
Fare la fontana con le farine e il cucchiaino di lievito, mettere nel mezzo il burro a temperatura ambiente a pezzetti, lo zucchero, l'uovo, il bicarbonato e il cucchiaino di cannella. Amalgamare con le mani velocemente, finché la pasta è omogenea.
Mettere in frigo a raffreddare la palla avvolta nella pellicola per un'oretta, quindi tirare fuori dal frigo, stendere col mattarello una sfoglia alta mezza cm circa, e ritagliare i biscotti con le apposite formine.
Far cuocere nel forno preriscaldato a 180°, dopo averle spennellate con tuorlo d'uovo sbattuto con un po' di latte. Cuociono in pochi minuti.
Si conservano bene in un contenitore ermetico, anzi, secondo me un paio di giorni dopo la cottura sono anche più buoni.
Praticamente la ricetta della pasta frolla è la stessa di quella della crostata con l'aggiunta della cannella per dare l'aroma e un pizzico di bicarbonato per renderli più morbidi.

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