Questo mese ho avuto l'onore di essere imbarcata nella squadra delle (St)renne, sono una (St)renna di marzo, e oggi sta a me pubblicare la mia ricetta dedicata a una donna straordinaria. Chi sarà la mia donna?
Via Suor Maria Celeste. La strada che costeggia l'osservatorio di Arcetri. Ci sono passata centinaia di volte, da studentessa.
E devo ammettere di non essermi mai posta il problema di chi fosse costei.
Ebbene, costei era un personaggio importante. A suo modo, una donna Straordinaria. Mica per caso, le hanno dedicato una vita.
Nata il 3 agosto 1600 a Padova, da Marina Gamba e Galileo Galilei.
Ma quel Galilei?
Si si, proprio lui.
In realtà il suo nome era Virginia, Virginia Galilei.
Fu in seguito riconosciuta dal padre, come peraltro sua sorella Livia e il fratello Vincenzio, malgrado Galileo e la Gamba non si siano mai sposati.
Quando il padre si trasferì da Padova a Firenze, accettando la carica di Matematico del Granduca, nel 1610, volle con sé le figlie, mentre il fratello, Vincenzo, ancora piccolo, rimase ancora qualche tempo con la madre, che nel frattempo si era accasata.
Ma la storia incalzava, nel 1609 Galileo aveva puntato il cannocchiale al cielo, innescando una sequenza di incredibili scoperte astronomiche, ma scatenando non pochi sospetti negli ambienti più retrivi (eravamo in piena contro-Riforma).
Forse preoccupato per la piega che avrebbero potuto prendere gli eventi (e i fatti futuri non dovevano dargli torto), sicuramente molto impegnato dal suo lavoro, si preoccupà di trovare per queste sue figlie, per di più nate fuori dal matrimonio, una sistemazione sicura e definitiva.
Cosa di meglio di un convento, un convento di clausura?
Ma le figlie erano ancora piccole, 12 anni Virginia e 11 Livia, non era permesso mettere in convento delle bambine così piccole.
Galileo cercò, tramite le sue conoscenze, ed ottenne, una deroga a questa regola, e nel 1612 le sue due figlia varcarono la soglia del convento delle clarisse di San Matteo in Arcetri, dal quale non sarebbero più uscite.
Presero entrambe i voti nel 1616, Virginia col nome di Suor Maria Celeste, Livia quello di Suor Arcangela. L'oroscopo che il padre aveva fatto a Virginia appena nata, la descriveva «laborum et molestarum patientem, solitariam, taciturnam, parcam, propri comodi studiosam, zelopitam».
Era stato presago: la ragazza, per quanto giovane, accettò di buon grado il destino impostole dal padre e, malgrado la clausura, riuscì a vivere serenamente, mantenendo per quanto possibile i contatti con l'esterno, soprattutto con il padre, verso il quale nutriva un sincero e intensissimo affetto.
Diverso il caso della sorella, che mal si adattò alla vita monacale, e lamentò sempre problemi fisici e psichici che funestarono la sua non breve esistenza, e forse compromisero anche il suo rapporto col padre.
Virginia invece amò teneramente questo padre ingombrante eppur presente, come testimonia l'epistolario (in realtà si sono salvate solo le lettere di Virginia a Galileo, delle risposte non è rimasta traccia). Nel 1628 il padre si trasferì nella villa "Il gioiello" ad Arcetri, presa in affitto proprio per stare vicino all'amatissima figlia.
In questo epistolario intenso e quotidiano, nel quale Virginia non esita a chiedere al padre sostegno economico per sé e per il convento, e al contempo dichiara la propria disponibilità a svolgere tutta una serie di lavori e lavoretti per lui e gli altri parenti, si trova un affresco della vita quotidiana nel convento, al limite dell'indigenza, e in generale degli usi e dei costumi dell'epoca.
La sollecitudine e l'affetto di Virginia nei confronti del padre, ma anche della sorella e del fratello, emergono con chiarezza, e testimoniano di una persona vitale, positiva e generosa, malgrado le difficili condizioni materiali.
Ma Suor Maria Celeste era anche una donna intelligente e piena di voglia di imparare e conoscere. Conosceva il latino, ed era sicuramente la più colta fra tutte le suore del convento, di cui era anche la speziale: oltre a preparare i medicamenti per le sue consorelle malate (e ce n'erano sempre molte, oltre alla denutrizione e alle molte malattie frequenti all'epoca, in quegli anni si diffuse in Europa e in Italia una grave epidemia di peste bubbonica), metteva la sua competenza a disposizione del padre, del fratello, dei parenti e degli amici che vivevano fuori dalle mura del convento.
In varie lettere leggiamo le sue richieste di sostanze medicamentose introvabili fra le piante officinali coltivate nell'orto di San Matteo, per preparare questa o quella medicina.
Lo stesso Galileo, che fu sempre piuttosto cagionevole di salute, faceva affidamento sull'arte della figlia per curarsi dei propri malanni.
La condanna di Galileo del 1933, e la lunga lontananza (Galileo era stato trattenuto a lungo a Roma per il processo prima e per scontare la sua condanna poi, e quindi gli era stato permesso di avvicinarsi a casa, stabilendo la sua prigione presso la residenza dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini) afflissero fortemente la figlia, ed ebbero anche delle conseguenze sulla sua salute.
Una probabile intossicazione alimentare (ricordiamo che in quegli anni la conservazione dei cibi lasciava molto a desiderare, così come la disponibilità di acqua pura e potabile) fu fatale alla giovane, il cui fisico era già debilitato, e Virginia morì dopo solo sei giorni di malattia il 2 aprile 1634, lasciando il padre veramente distrutto.
Perché io, nota mangiapreti e femminista ex-post, ho voluto parlarvi di questa suora così devota e dedita alla cura degli altri?
Perché mi ha colpito, ho letto un libro su di lei che me l'ha fatta piacere, per concretezza ed intelligenza che traspare dalle sue lettere, per il sincero affetto che si legge tra le righe di un linguaggio per noi inconsueto.
Quando poi mi è capitata sotto gli occhi la sua lettera al padre in cui si offre di fare, insieme alle consorelle, i dolci per il matrimonio del fratello Vincenzo, e scrive
onde gli mando in nota le cose di più spesa che per far un bàcino di paste ci bisognano, lasciando per me gl'ingredienti di minor costo. Oltre a ciò V. S. potrà vedere se vuole che io gli faccia altre paste, come biscottini col zoccolo e simili, perchè credo senz'altro che spenderebbe manco che pigliandole dallo speziale; et noi le faremmo con tutta la diligenza possibile.E aggiunge a più di pagina la nota della spesa:
Non ho più potuto resistere.
- zucchero, 3 libbre
- mandorle, 3 libbre
- zucchero fine, 8 once
La mia donna Straordinaria sarebbe stata l'intelligente e positiva Virginia.
La mia scelta è ricaduta sui Ricciarelli, dolce sicuramente antico, certo, senese, ma che si doveva fare, in varie declinazioni, in molte parti d'Italia.
Non essendo senese, non ho una ricetta di famiglia dei Ricciarelli, e così mi sono dovuta rivolgere ai libri. Ne ho trovate due, una sull'Artusi e una sul Talismano della Felicità dell'Ada Boni.
Ho scelto quest'ultima, perché mi convinceva di più: nella ricetta dell'Artusi si parlava di montare le chiare a neve, e alla fine mi sembrava sarebbe venuta fuori l'ennesima versione degli amaretti, mentre i Ricciarelli hanno a mio avviso una consistenza più compatta, friabili e delicati, ma meno "gonfi" degli amaretti.
Alla fin fine, forse neanche questa è the ultimate Ricciarelli's recipe, non si sono crettati sopra, sono venuti lievemente troppo compatti, probabilmente li ho pure cotti un po' troppo....
Però il sapore era proprio quello, e tempo un quarto d'ora da quando li ho portati in tavola, sono finiti negli encomi generali. Ho quindi deciso che sono adatti a rappresentarmi fra le (St)renne, donna ben più approssimativa e cialtrona degli strennisti doc, ma così sono.
Ho anche pensato che forse nel 600, con i forni che avevano a disposizione, forse le cose non venivano sempre perfettissime, quindi anche questo li rende adatti a questa occasione.
Se mi dite che tutta questa manfrina è un'excusatio non petita, non posso che annuire :-)
Vi ricordo che domani 28 marzo l'appuntamento sarà da Greta, giovedì 29 sarà da Mai e venerdì 30 da Patty.
Voglio anche ricordarvi che fino al 1 aprile a mezzanotte avete tempo per partecipare al contest delle (st)Renne gluten free!
Anzi, visto che è casualmente gluten free, io partecipo al contest anche con questa. Poi... vedremo...
Ricciarelli
(da una ricetta del Talismano della Felicità)Ingredienti
(per circa 25 ricciarelli)
(da una ricetta del Talismano della Felicità)Ingredienti
(per circa 25 ricciarelli)
- 200 g di mandorle
- 200 g di zucchero semolato
- 100 g di zucchero a velo
- maizena q.b. (¶)
- 2 albumi
- la buccia grattata di un'arancia
- aroma di mandorle amare (¶)
- un pizzico di sale
Preparazione
Quando sono ben raffreddare, metterle nel mixer con un cucchiaio di zucchero semolato tolto dal totale e ottenerle una farina il più possibile omogenea. Eventualmente setacciarla (io non l'ho fatto, non mi sembrava necessario per questo tipo di dolce).
Amalgamare alla farina di mandorle così ottenuta il restante zucchero semolato, la buccia grattata dell'arancia, e (nella ricetta non era indicata, ma secondo me ci sta perché i ricciarelli hanno sicuramente un retrogusto di mandorle amare) l'aroma di mandorle amare. Lo so che gli aromi sono una schifezza, ma l'estate scorsa mi sono scordata di farmi una scorta di armelline, cosa uso quando mi serve ottenere l'odore di mandorla amara?
Sbattere le chiare d'uovo quel tanto che basta per romperle, senza montarle.
Amalgamarle al composto di mandorle e zucchero, mescolando sulla spianatoia "infarinata" con 50g di zucchero a velo, che verrà immediatamente assorbito. Eventualmente infarinare la spianatoia con un po' di maizena per riuscire a lavorare l'impasto.
Quando è amalgamato, stenderlo con il mattarello dell'altezza di circa mezzo dito, e ritagliarlo a rombi, ai quali darete una forma meno squadrata, rifinendoli con le mani.
Metterli su una placca ricoperta di carta forno e farli riposare per 12 ore (io una notte).
Passate le 12 ore cospargerli con il restante zucchero a velo,metterli in forno leggero (meno di 150°) per un quarto d'ora circa. L'importante è che non scuriscano, quindi vanno guardati spesso.
Una volta estratti dal forno vi sembreranno molto fragili, non temete, una volta raffreddati si consolideranno.