
È ufficiale:
in famiglie le celiache sono diventate due. All'eletta schiera si è aggiunta mia figlia.
Oggi vi racconterò la sua storia, perché ne ho bisogno, e forse potrebbe servire ad altri.
Anche se basterebbe dire una cosa: ascoltate il vostro istinto, che sui figli raramente sbaglia, e, nel caso, rompete le scatole ai pediatri di base, rompete le scatole, rompete le scatole!
La prima volta che ho sentito parlare di celiachia è stato cinque o sei anni fa, da Ilaria, un'amica a cui la celiachia è stata diagnosticata da adulta, per caso. Come per molti di noi, peraltro. Ciao Ilaria!
Mi incuriosisco, mi faccio spiegare, e mi si accende una lampadina: la scricciola potrebbe essere celiaca. Molte cose sembrerebbero trovare una spiegazione, ne parlo con il pediatra. "Ma si figuri signora! Assolutamente no, lei i bambini celiaci non li ha mai visti" E così vengo rimessa a posto, buona buona con la mia etichetta di mamma ansiosa... e buon glutine a tutti!
Nel frattempo, in modo abbastanza fortunoso, tre anni fa la celiachia viene diagnosticata a me, per vie completamente altre.
La lampadina mai del tutto spenta si riaccende con vigore. "Allora avevo ragione!" Eppure i bambini fanno il test, ed entrambi risultano negativi.
La scricciola intanto è cresciuta. Poco.
Si ammala spesso. A volte spessissimo.
Non la si potrebbe definire il ritratto della salute.
L'anno scorso, dopo un mese di influenze, sembrava veramente
ciucciata dalle streghe, come si dice qua a Firenze. Pure il pediatra venne colto dal dubbio, e le fece rifare il test. Nuovamente negativo.
Quest'anno peggio che mai. A Natale aveva già perso più di un mese di scuola.
Mi impunto, e insistendo riesco ad ottenere un appuntamento a malattie infettive, dove ce la rigirano come un calzino.
E lì si comincia a intravedere il bandolo della matassa.
La dottoressa che la visita la prima volta, una giovane ragazza molto competente, ha lo stesso dubbio mio, e le rifa i test per la terza volta.
Ma essendo giovane e competente, questa volta glieli fa come si deve, cioè seguendo la procedura stabilita dalle organizzazioni sanitarie, e non la semplice ricerca degli anticorpi e basta.
Se esiste un protocollo diagnostico codificato, perché non seguirlo?
Forse perché non lo si conosce.
Io adesso lo conosco.
Forse avrebbe dovuto conoscerlo anche il pediatra?
Avete già capito com'è finita, vero?
I nuovi test danno risultati
positivi! Non posso dire di essere contenta, ma il sapere che ci può essere una spiegazione alla cagionevolezza della mia scricciola, mi provoca un po' di sollievo.
Però... Però la dottoressa dell'ambulatorio della celiachia dell'ospedale è perplessa: la bambina non mostra i segni tipici della celiachia nell'infanzia. Aritonfa!
"Aspettiamo" ci dice "teniamo sotto controllo la situazione, e quando/se diventerà più chiara, facciamo la gastroscopia."
Ma io non ci casco più. Ormai ero certa che la scricciola fosse celiaca. Lo sapevo. Lo dicevano i risultati degli esami. Lo diceva il suo stato di salute. Lo sapevo come lo può sapere una mamma, celiaca, che ha sotto gli occhi sua figlia da dieci anni.
Ho insistito, mi sono impuntata, e questa benedetta gastroscopia gliel'hanno fatta. Scrivendo nella cartella clinica che la facevano su insistenza della mamma. Come a dire "Se poi non lo è, non si venga a lamentare con noi, che l'abbiamo sottoposta a questo esame invasivo".
Risultato? I villi erano già appiattiti, abbastanza da vederli ad occhio durante l'esame.
Oggi è arrivata la conferma di quanto ormai già sapevamo, l'esito della biopsia.
Lei è ragionevolmente serena. La vive quasi come un motivo in più di complicità fra noi.
So bene che verranno i momenti bui.
Quando alle feste non potrà mangiare niente, se non lo porterò io apposta per lei.
Quando a scuola mangerà in modo diverso dai compagni.
Quando le verrà precluso il pizza&birra tipico degli adolescenti, se non avrà il coraggio di esigere dagli amici di andare nelle pizzerie giuste.
Quando più grande non troverà un cazzo (scusate!) da mangiare per sé in una città straniera.
Quando... quando... quando...
Però almeno io ci sono.
È come se adesso mi si rivelasse all'improvviso il senso di questo mio compulsivo cucinare di questi ultimi anni, questo continuo sperimentare, e dolci, e pane, e pizza, e focacce, e poi ancora dolci, e ancora pane.
Perché l'ho fatto?
Perché mi piace cucinare, perché mi diverto, perché mi piace mangiare bene.
Ma anche per non farmi trovare impreparata.
Stamani mia figlia si è svegliata chiedendomi i
pancakes a colazione, e glieli ho fatti, erano buoni, e lei è stata felice. Se domani vorrà i
maritozzi con la panna (Grazie Vale!) in qualche modo la sfangheremo.
Così come è felice quando si trova per merenda la piadina (presto su questi schermi) fatta dalla mamma, e tutti gli amici gliela vogliono rubare, perché è buonissima, e anche la maestra le ha chiesto la ricetta.
Piccole gioie di una piccola neo-celiaca.
Come questo pan carrè. Grazie
Felix e Cappera, se non ci foste voi, in questa casa di gioia nel mangiare ce ne sarebbe meno. E grazie a tutte le
gluten free girls,
Anna...,
Anna,
Anna,
Anna Lisa,
Antonella,
Concetta,
Dadà,
Elena,
Elly,
Fabiana,
Francesca,
Gaia,
Gata,
Giuky,
Jelly,
Laura,
Marilena,
Monica,
Paola,
Raffaella,
Roberta,
Sciabby,
Simonetta,
Sonia, la
spuntina,
Stefania,
Stefano,
Tinny,
Vale,
Valentina,
Zori e quelle che mi sono rimaste nella penna, dalle quali ho imparato tanto, e mi piace moltissimo questa piccola comunità virtuali di cuciniere senza glutine, perché la scoperta di una diventa patrimonio di tutte, e così riusciamo a migliorare la qualità della vita non solo nostra, ma di tutte.

Questo pancarré è squisito. Di una morbidezza unica. Una specie di pan bauletto.
E si conserva pure abbastanza bene.
Come farina ho usato l'ormai famoso
mix di farine dieterapeutiche per pani e focacce senza glutine, al quale ho apportato due piccole modifiche: ho sostituito la Pandea con la Glutafin, e il Mix B con il Bi-aglut Sfornagusto (pacco di cartone da 500g, quello nuovo).
La
ricetta è delle guru dei lievitati gluten free, Felix e Cappera.
La riporto per completezza. Ma ci tengo a precisare in ogni modo che la ricetta è loro.
Pancarré senza glutine
(da questa ricetta di Felix e Cappera)Ingredienti
- 415 g di mix di farine dieterapeutiche per pani e focacce senza glutine (per 500 g di mix: 280 g di Bi-Aglut Sfornagusto nuova, 120 g di farina senza glutine Coop, 100 g di Glutafin selecte (¶))
- 200 g di acqua
- 200 g di latte
- 50 g di strutto (o burro)
- 5 g di lievito di birra secco
- 1 misurino di latte in polvere (quello per 0-6 mesi è privo di glutine per legge) (¶)
- 10 g di zucchero
- 10 g di sale
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
Preparazione
L'ho preparato con la mia fantastica planetaria nuova di pacca e devo dire che con gli impasti ci sa fare.
Sciogliere il lievito secco nell'acqua tiepida, mettere in planetaria assieme alla farina e allo zucchero. Cominciare ad impastare (con la foglia a bassa velocità) e aggiungere quindi il latte (non di frigo) e il latte in polvere, e per ultimo il sale.
Quando l'impasto è ben amalgamato aggiungere lo strutto (o il burro) a temperatura ambiente non tutto insieme, ma a piccoli pezzi, dandogli il tempo di assorbire un pezzetto prima di aggiungere l'altro.
Continuare ad impastare per un po', finché l'impasto è ben amalgamato, omogeneo e morbido.
Far lievitare coperto per un'oretta e mezzo, o comunque fino al raddoppio.
Rovesciarlo sulla spianatoia infarinata, dare un paio di pieghe e formare tre palline. Metterle nello stampo da pan carré, o da plumcake (io avevo quello) imburrato e infarinato.
Far lievitare sempre coperto un'altra oretta, dovrebbe lievitare parecchio.
Infornare nel forno preriscaldato a 200° per una quarantina di minuti.
Togliere dal forno e lasciar raffreddare nello stampo.